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I mille volti del Perù

A noi possono sembrare buffi, talvolta dismorfici, ma sono l’anima di un paese che cresce e si sviluppa ad un ritmo cinque volte superiore al nostro. I peruviani sono un popolo che nasce multietnico, la sua storia non è costellata di guerre come quella europea (anche se a ben vedere con Cile ed Equador c’è sempre la scusa buona per guardarsi storto) e la sua capacità di sviluppo proviene da una autorità centrale che in spesso interviene e gestisce molti piccoli aspetti della vita quotidiana.
Ad esempio il numero di poliziotti sembra fuori misura, poi ci si rende conto che in realtà sembrano più custodi dei luoghi, che veri e propri “avvoltoi”, come a volte possono sembrare i nostri vigili urbani (ciao vigili  😉 ) .
Ogni categoria di lavoratore ci tiene ad avere un codice identificativo nell’abbigliamento e nel modo di svolgere il suo compito. Dai lustrascarpe (preziosissimi in luoghi polverosi come questo), agli addetti degli uffici pubblici, ai venditori di gelato tutti hanno una divisa. Impeccabile.
Nonostante, come ho detto, che sembri che ci sia un intervento pesante dello stato a qualunque livello di ogni attività, non mi è sembrato di individuare un assistenzialismo sfrenato e neppure mi è parso di vedere una ingerenza eccessiva.

Certo il Perù deve fare ancora molto, soprattutto a livello di welfare : la sanità pubblica lascia piuttosto a desiderare, la sicurezza sul lavoro è al livello dei nostri anni 60 e le infrastrutture per i trasporti … beh, menomale che c’è l’aereo.
Però sono cose sulle quali stanno lavorando, non dimentichiamoci che il Perù ha una supeficie che è 4 volte l’Italia e la metà della popolazione.
Inoltre tale popolazione è per metà nelle prime 5 città, il resto è sparso tra i deserti e la cordigliera delle Ande.
Con un sistema di collegamenti decisamente insufficiente, è ovvio che girandolo si incontrano tutte le realtà possibili.
Da quella dove ci ritroviamo a vivere, qui a Miraflores, nel centro ricco e moderno di Lima, fino alle situazione dei villaggi nella valle del Colca, esplorata solo nel secolo scorso, dove esistono tuttora sacche di analfabetismo.

Quello che promette bene è il fermento, è la libera iniziativa che viene premiata, qui si vedono cantieri ovunque, lavori in corso ad ogni angolo.
Da cinque anni fa a oggi ci sono zone del centro della città che non si riconoscono, grattacieli nati ovunque, centri commerciali, aree verdi, nuove strade e nuove ferrovie.
Mentre ad esempio il sistema dei trasporti pubblici è rimasto fermo al palo. Il caos del traffico è aumentato (anche grazie alla convinzione di ogni buon autista peruviano, secondo la quale, la precedenza ce l’ha LUI).
Non esiste , ancora, il concetto di trasporto metropolitano se non quello espresso dai piccoli padroncini che, in possesso di piccoli e grandi autobus, ogni giorno attraversano la città, fermandosi a richiesta (pochi millesimi di secondo) ovunque e gridando la loro destinazione da un finestrino.
Sono mezzi di trasporto dotati di “assistenza alla salita e alla discesa”, il che significa che, moneta alla mano, qualcuno ti tira dentro, se l’autista non ti schiaccia, e la stessa persona ti spinge fuori quando chiedi di scendere. Las combis … li chiamano.
La nostra referente qui in Perù ci ha dato il permesso di fare praticamente tutto, tranne cercare di prendere uno di quelli 😀

Il Perù ha mille volti, quelli dei deserti, quelli delle città, quelli dei giovani e quelli degli anziani, in ognuno però, e vi giuro che non li ho selezionati, ho potuto leggere tante cose, ma non sconforto o rassegnazione, piuttosto determinazione e fierezza.

Turismo ad Arequipa – Parte seconda

Consapevoli del fatto che sarebbe stata una bella prova per tutti, compreso il nuovo membro della nostra famiglia, abbiamo comunque deciso di fare un po’ di turismo impegnativo : visitare la valle ed il canyon del Colca.

Questa meraviglia della natura si trova a circa 300 chilometri da Arequipa, una distanza tutto sommato abbordabile, se non fosse che in questa distanza, i dislivelli di altitudine sono notevoli : si parte dai 2.300 di Arequipa, per salire ai 4.910 del Patapampa, per poi tornare ai 3.600 di Chivay ed infine, stazionare più o meno intorno ai 4.000 durante la visita al canyon, cercando di avvistare i condor.

Il tour minimo accettabile con dei bambini è quello di due giorni e comunque, il secondo giorno, per vedere i condor che planano alla mattina, è necessario alzarsi alle 5.

Il viaggio è un’affascinante traversata di un deserto montano, con un panorama frastagliato dalla cordigliera delle Ande. La strada è una sola, un serpente che si snoda per le valli e i valichi. Ogni tanto ci sono dei punti di ristoro, tipo rifugio, nei quali è possibile comprare i soliti souvenir peruviani e bere infusi rigeneranti, come quello di foglie di coca.

E’ incredibile come la sensazione di bruciore del sole sulla pelle svanisca e venga sostituita dal freddo pungente, nel momento in cui ci poniamo all’ombra.

A Chivay abbiamo alloggiato in un hotel senza alcuna pretesa, la camera era minuscola e il bagno era un francobollo, ma per una notte (tra l’altro di poche ore di sonno) era più che sufficiente, inoltre la “pro loco” ci ha intrattenuto durante la cena con canti e balli tipici che sono stati particolarmente graditi anche da Samuèl.

Il Colca è immenso, in una così stretta area si concretizzano numeri e dimensioni di difficile concezione per noi. Abituati al nostro Pratomagno, essere a 4.000, guardare in basso a 2.000 e vedere davanti una vetta di più di 6.000, con queste verticali scoscese … lascia senza parole.

Come il silenzio con cui il condor ti passa letteralmente accanto. Un soffio. Un leggero movimento della coda ed eccolo planare verso di te, per poi tornare a girare lungo la valle, in cerca di cibo. Non sbatte quasi mai le ali, conosce le correnti e le sfrutta.

La straordinaria varietà di piante che cresce a queste altitudini è pari solo alla straordinaria fauna che la popola, ci sono uccelli, insetti, lama, alpaca … dove da noi ci sarebbe solo neve e sasso, qui c’è la vita.

Il viaggio di ritorno è stato breve, ma tornare nel deserto, sentirne ancora il silenzio e vederne gli immensi spazi è stato ancora più emozionante perché stavolta non eravamo sconosciuti, stavolta non mi sono fatto prendere dallo spavento né sono rimasto sgomento della sua vastità. Stavolta ci ho parlato. E gli ho detto che ci sarei tornato.

P.S. Ai nostri carissimi amici che oggi si sposano, a Bea e Tono. Trovate il tempo per fare un bellissimo viaggio di nozze, trovate il tempo per venire in Perù. Intanto vi facciamo i nostri più calorosi auguri di una lunga vita insieme felice e serena. Vi vogliamo bene.
Evviva gli sposi!

Luce e polvere

Arequipa, in lingua quechua ha più di un significato : mi fermo qui, al di là della vetta, città guerriera … ma oggi è meglio conosciuta come La Ciudad Blanca. Questo nome deriva dal tipo di materiale storicamente usato dai conquistadores per edificare tutte le strutture più importanti e di conseguenza, tutto l’attuale centro storico della città.
Ma aldilà di wikipedia, Arequipa, ci lascia come ricordo la sensazione di luce accompagnata dalla polvere che invade e pervade, come la luce, ogni cosa.
In questa stagione, antecedente di quasi un mese al trimestre piovoso, il cielo è raramente velato. Il più delle volte l’azzurro del cielo è così intenso da scambiarlo per un cielo nuvoloso. Non fosse per il sole tropicale che ti mette l’ombra della testa sotto i piedi.
La luce è intensissima e quando si rifrange nelle pietre bianche, pietre vulcaniche sottratte ad un sonnacchioso El Misti,  diventa abbagliante.
Il vento teso, sempre, da qualunque direzione spiri, porta invece con se la polvere dei deserti che circondano la città. Che siano venti provenienti dall’oceano o da uno dei tre vulcani che la sovrastano, Arequipa si sveglia, lavora, mangia e dorme sotto una coltre di polvere.
La polvere entra ovunque, nelle cucine, nel naso, negli occhi, negli armadi. La polvere è una costante della notra vita, la tocchi, la respiri, la mastichi … questa luce polverosa, o polvere luminosa, ci è entrata dentro, nell’anima.
E’ incredibile come l’adottare un bambino di un posto lontano e così diverso dai nostri luoghi (intesi come modi di vivere), in qualche modo faccia sì che tu ti ritrovi adottato dai luoghi stessi.
Certo, dire che adesso siamo diventato arequpegni magari suona esagerato (non saremmo mai in grado di guidare come loro), eppure sentiamo che ci mancherà la polvere su ogni cosa come ci mancherà la luce insistente dalle finestre già alle cinque del mattino.
Sapere che domani potrebbe essere il nostro ultimo risveglio qui, ci ha messo un po’ di tristezza addosso. Avremmo avuto da fare altre decine di cose … ma per quante ne avessimo fatte sono sicuro che ce ne saremmo inventate altre.
Sentiamo che lasciamo in qualche modo una delle nostre case, una parte di noi si è integrata nello stesso modo in cui Samuèl è diventato parte di noi.
Comunque adesso inizia la fase di rientro del viaggio, partire è un po’ morire, ma è, soprattutto, ritornare.

 

Samuèl ieri&oggi

Grazie alla nostra amica Annie Sparkes, una gentile signora di Bristol che fa la volontaria alla casa Luz de Alba; grazie a Betty la psicologa del ministero e grazie alla direzione della casa stessa, siamo riusciti a racimolare decine di foto e video di Samuèl, fatte dagli operatori che nel tempo hanno avuto a che fare con lui.

Erano tante e molto emozionanti da vedere, per questo ce le siamo coccolate un po’ noi, prima di rendervi partecipi. Il primo video mostra un baby Samuèl nel periodo tra uno e due anni.

Questo invece mostra un Samuèl già più grandicello, fino all’incontro con noi  🙂

Buona visione a tutti!

Juanita

La settimana scorsa, quando abbiamo fatto un giro turistico per la città, credevamo di essere stati nel museo archeologico che ospita Juanita, la mummia di una bambina sacrificata sul vulcano Ampato circa 550 anni fa e rimasta intatta grazie al ghiaccio.

In realtà ci siamo accorti di aver visitato il museo “tarocco”, che ospita altre mummie ed è, diciamo, a conduzione familiare! Suoni il campanello, il guardiano ti fa entrare, fai un giro, lasci l’offerta, esci, arrivederci e grazie!

Oggi, leggendo la guida per la gita al Colca Canyon che faremo domani e dopodomani, mi sono accorta del disguido e allora abbiamo preso un taxi e siamo tornati in centro a vedere il “vero” museo archeologico di Arequipa, il museo Santury.

Tutta la storia intorno a questi sacrifici umani è straordinaria, partivano da Cusco circa 2000 persone, camminando per quasi 600km (sulle Ande) fino alla vetta del vulcano Ampato (altitudine 6310m s.l.m.) e una volta sacrificavano bambini e bambine (anche 5 alla volta) per placare l’ira del vulcano Sabancaya che gli sta di fronte.

Pensare al viaggio mi ha fatto venire i brividi, la fatica di respirare, il freddo, la fame; Pensare che questi adolescienti, quasi adulti per la cultura inca, erano sempre consapevoli del loro destino è terribile. Quando poi  abbiamo visto Juanita (conservata in un sepolcro a -20°C come si era conservata nel ghiacciaio fino all’eruzione del Sabancaya del 1995 che lo ha sciolto e ne ha permesso il ritrovamento assieme a quello di altri bambini) allora sì che mi si è gelato il sangue. I suoi tratti perfettamente riconoscibili e così somiglianti a Maria Pilar mi hanno veramente colpito.

La cosa più bella di tutta la visita però è quello che è scritto nel foglietto di spiegazione che viene consegnato all’ingresso, guardatevi il museo, i monili, i manufatti, ma quando state davanti a Juanita ricordatevi che è una persona, una bambina …

Sabato al parco

E’ passata un’altra settimana; durante i giorni scorsi abbiamo tentato di fare una vita normale, alternandoci tra i compiti di Maria Pilar (che non sempre filano lisci), il mal di pancino di Samuèl (che non si sa perché arriva sempre nei momenti meno opportuni), la faccende di casa e le visite della psicologa. Stiamo aspettando che arrivi la sentenza di adozione così da poter fare il nuovo atto di nascita, ma la settimana di ambientazione finisce oggi, quindi ci vorranno ancora un po’ di giorni.

Abbiamo avuto tempo di fare qualche piccola escursione, anche se continuiamo a non capire gli orari di apertura dei parchi arequipeñi … sì perché domenica scorsa abbiamo trovato chiuso il parco di ponte Grau, ieri mattina siamo andati al parco di Selva Alegre (enorme e bellissimo, con tanta ombra e giochi per bambini), ma alle 11 era chiuso per manutenzione e i giardinieri ci hanno detto di tornare oggi … noi siamo rimasti un po’ perplessi ma non ci siamo persi d’animo, abbiamo cambiato destinazione: El molino de Sabandia.

Oggi pomeriggio invece, dopo un bel pisolino e relativa merendina, abbiamo preso un taxi (è un’esperienza che raccomando a tutti! una volta nella vita si devono provare questi brividi, per 5S/., circa 1,25€, vi fate scarrozzare da un quartiere all’altro della città, meglio che le giostre del perdono) e siamo tornati al parco di Selva Alegre.

Qui merita inserire un inciso circa la contrattazione con i tassisti; siccome è evidente che siamo stranieri loro tendono a sparare alto (la solita corsa con o senza psicologa peruviana che chiede il prezzo, l’abbiamo pagata il doppio); l’esempio più eclatante è stato proprio per andare al mulino ieri quando il primo tassista ci ha chiesto 45S/. e ci era sembrato caro, il secondo ce ne ha chiesti 25S/. ed abbiamo accettato (convinti di aver fatto un ottimo affare); mentre eravamo in macchina lui ha parlato con un collega che gli ha detto che ne doveva chiedere almeno 20S/. La cosa esilarante è stata il ritorno su un “tico” scarrettatissimo (vale davvero la pena vedere qui il tico tipico), incastrati come non mai, con Samuel e Maria Pilar che non ne volevano sapere di stare fermi… ma abbiamo speso solo 15S/. !!! La contrattazione è tutto!!!

Ci volevano proprio un paio d’ore rilassanti, per tutti, anche perché così Maria e Samuèl hanno potuto giocare insieme all’aperto, e anche i genitori hanno potuto spaparanzarsi su una panchina e godersi i pargoli mangiando un “buon” gelatino.

Le virgolette all’aggettivo del gelato sono d’obbligo perché qui proprio non hanno idea di come si possa preparare una qualsiasi cosa dal gusto dolce … dai pasticcini, alle torte, al gelato … una cosa che non si può descrivere! Meno male che domani è domenica e andremo a Messa, e la cosa bella della nostra parrocchia arequipeña (S.Michele Arcangelo in Cayma) è che fuori della chiesa si assiepano tutta una serie di bancarelle che friggono l’impossibile: papas, camote, churros … e noi assaggiamo tutto!!! Domenica scorsa non avevamo la macchina fotografica, ma domani la porteremo e documenteremo la ricca colazione post-omelia ( … e ci vole attro che le patatine fritte per reggere quell’omelia infinita … in castigliano!!!)

Buona Domenica a tutti, buona festa di Cristo Re dell’Universo.

Turismo ad Arequipa – Parte prima

Oggi turistos fai da te … nonostante le due usciate prese sia al parco Grau che nella cattedrale (causa benedizione dei bomberos), abbiamo deciso di tornare a visitare le bellezze della città di Arequipa.

Dopo aver riempito lo zaino di effetti di prima, seconda e terza necessità (mangiare, bere, cambiarsi), tutto in duplice copia ovviamente, siamo partiti alla volta del centro storico della città.

Da Plaza des Armas, la piazza principale della città, ci siamo diretti verso la chiesa della Compagnia di Gesù, situata in un angolo della suggestiva piazza costruita con le pietre bianche del Sillar, cave alle pendici del vulcano El Misti.

Seconda destinazione, il monastero di Santa Catalina da Siena, in assoluto l’attrazione più imponente di Arequipa. Una città nella città. 20 mila metri quadri di viali, abitazioni, struttre, chiostri e chiese che hanno ospitato fino a 500 abitanti, fra laici e consacrate, negli ultimi 5 secoli.
Oggi il monastero ospita 30 monache ed è relegato ad una piccola sezione. Il resto del monastero è di proprietà dello stato ed è un museo a cielo aperto.

Per accontentare anche i ragazzi (almeno così si pensava) abbiamo anche visitato una fabbrica un po’ particolare : la Mundo Alpaca che presenta tutto il processo di lavorazione della lana di Alpaca e di Lama partendo dagli animali vivi … che non hanno ricevuto il gradimento di Samuél, troppo sospettoso per avvicinarsi a loro a meno di 3 metri.

Visto che la nostra permanenza qui si protrarrà fino a fine mese si prevedono altre puntate di Turismo ad Arequipa  😎

Mobilità urbana

Stasera è l’ultima sera che passeremo senza Samuel. Quello che è successo oggi ve lo racconteremo in un altro momento; adesso per alleggerire un po’ il clima parliamo di mobilità urbana.

Sì perché da martedì a oggi abbiamo fatto diversi viaggi attraverso questa città, che è vastissima e vista dall’interno di un taxi sovraffollato vi garantisco che lo sembra ancora di più! Il tragitto tipico di questi giorni è stato: da casa nostra con anche la referente dell’ente (totale 4 persone) al centro per prelevare la psicologa (totale 5 persone), da lì alla casita hogar per prendere anche Samuel (totale 6 persone) per poi tornare a casa nostra; non vi dimenticate che il taxi normalmente è guidato da un tassista… quindi siamo stati anche in 7.

Il problema è: che tipo di macchina è il taxi usato? Un pulmino 9 posti? Un monovolume 7 posti? Un’ampia berlina 5 posti? Niente di tutto ciò. Nella migliore delle ipotesi abbiamo trovato una macchina omologata per 5 posti, il più delle volte piccole utilitarie modello vecchia fiat uno.

Tutta questa comodità al’interno dell’abitacolo è sempre coadiuvata da una colona sonora gentilmente offerta dal tassista, tipicamente sudamericana, e dall’impossibilità di aprire i finestrini perché l’utilitaria è all’altezza dei tubi di scappamento dei las combis che sbuffano nuvole nerastre per le salite della città. Non voglio addentrarmi nei dettagli di quante volte abbiamo rischiato la vita tra inversioni a U, sorpassi in salita e ingressi in incroci senza guardare segnali o semafori, altrimenti qualche nonno si potrebbe sentire male… infatti non metto alcuna foto di questo piccolo, insignificante dettaglio!!!

No comment

C’è chi ci vuole vedere ridere felici … e chi mi ha detto espressamente che voleva vedermi piangere (come quando incontrammo MaPi per la prima volta) … sempre di felicità, ovviamente.
Spero di dare soddisfazione a tutti, ma sopratutto spero che vu’ infradici lo schermo anche voi!

Aggiornamento : 
Grazie a tutti, anche se tutte le vostre visite mi hanno fatto esplodere il database e ingrippare il provider, tanto che ho dovuto spostare il video su youtube :) 
Grazie a Valdarnopost che ci da voce dagli States alla Palestina e grazie ad AltroHost per avermi avvisato subito dei problemi tecnici.