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Giornata al mare

Domenica scorsa alla Messa, abbiamo conosciuto un’altra famiglia adottiva, sono originari di Milano e hanno 3 figli venuti anche loro dalla montagna (Huaraz per la precisione); abbiamo fatto subito amicizia e insieme abbiamo pensato di noleggiare un taxi per passare una giornata al mare.

Sì perché qui a Lima siamo sull’oceano, ma di bagnarsi non se ne parla proprio, tra l’acqua fredda, la corrente troppo forte (almeno per gli standard del Tirreno tra Marina di Grosseto e Follonica) e la spiaggia fatta a ciottoli, questo è posto adatto solo ai surfisti.

Quindi taxi a noleggio per una giornata, amici, e via, verso playa Santa Maria, qualche decina di km a sud rispetto a Lima; una volta risolto il problema della spiaggia adatta però, ci siamo trovati a dover risolvere una serie di problemi del tipo: ho fame, mi scappa la cacca, la sabbia brucia, l’acqua è fredda, io qui non ci voglio stare! Più o meno questa è stata la sequenza di commenti che Samuèl ha fatto riguardo alla nostra “splendida” idea di passare una giornata al mare … tutto questo ovviamente mentre Maria chiedeva di fare il bagno, fare il bagno, fare il bagno.

L’altra famiglia invece ha passato la mattinata a rincorrere figli vari da una parte all’altra della spiaggia per i motivi più disparati.

Meno male che abbiamo cominciato a vedere sulla spiaggia un sacco di meduse (grosse e coloratissime) morte e quindi MaPi non ha più avuto tanta voglia di tuffarsi verso il largo, nel frattempo il nostro coraggiosissimo nostromo ha cominciato a prendere confidenza con la sabbia, è riuscito persino a togliersi i sandali e a stare a giocare un po’ con il secchiello (seduto, sul secchiello).

Dopo pranzo abbiamo cambiato spiaggia, san Bartòlo, più sassosa ma anche più riparata, Samuèl è riuscito a sedersi nel bagnasciuga per fare una buca con babbo, solo che poi un’onda birichina lo ha bagnato fino alla pancia, grossa tragedia, gelato di consolazione, ricca dormita in taxi fino a casa e grossa pizza per concludere una “bellissima giornata” (almeno Maria dice che è stata così!), i genitori hanno bisogno di un paio di giorni di vacanza per riprendersi da tutto questo riposo!

Para llevar

Stamani, visto che il sole inspiegabilmente si è fatto vedere piuttosto presto, abbiamo deciso di andare al parco de la reserva in Lima Centro per vedere los juego de agua; posto che avevamo già visitato con Maria e che ci era proprio piaciuto.

Ma dato che in questo viaggio non siamo fortunati con gli orari di apertura dei parchi… indovinate un po’… era chiuso!!! Apre solo di pomeriggio, da mercoledì a domenica (lo dico casomai qualcuno volesse farci una capatina), quindi siamo stati costretti a cambiare programmi.

Visto che eravamo in centro (si fa per dire) Immagineabbiamo preso un altro taxi e siamo andati in Pueblo Libre, la municipalità dove si trovava l’hogar di Maria e l’abbiamo portata a vedere la sua ex-casa, così abbiamo potuto parlare un po’ con lei di cosa sta succedendo adesso con Samuel e di cosa era successo con lei 5 anni fa. Ovviamente lei prima ha dato a vedere che neanche ci stava ascoltano e poi, dopo, a trabocchetto, ha fatto le  sue domande per vedere se eravamo veramente preparati, tranquilli, credo che abbiamo passato l’esame.

Per concludere l’escursione degnamente siamo stati a pranzo nel ristorante dove andavamo nei giorni di visita a Maria, il Bolivarian, dove, chiedendo una porzione intera di chicharron de pollo (bocconcini di pollo ritto con patatine, yucca e salsa n.d.r.) con dos platos para compartir por los niños ti portano due porzioni intere al prezzo di una (chissà forse devo migliorare il mio spagnolo!).

Allora ho dovuto sfoderare la mia frase preferita in un ristorante peruviano: para llevar! Sì perché quello che non consumi te lo porti a casa, qualcuno lo ha cucinato, tu lo hai pagato, perché sprecarlo?! E’ una cosa che abbiamo già fatto altre volte e lo abbiamo visto fare in tutti i tipi di ristoranti, più e meno eleganti e da qualunque tipologia di avventore, è proprio cultura. Le porzioni ai ristoranti sono sempre abbondantissime, non esiste il concetto di antipasto o portata principale, tutto quello che ti portano strabocca dal piatto, quindi per quale motivo buttarlo?

Quindi domani avanzi di pollo fritto e pasta con i broccoli di stasera e una tonnellata di riso di ieri … se qualcuno vuole venire questo è il menù!

I mille volti del Perù

A noi possono sembrare buffi, talvolta dismorfici, ma sono l’anima di un paese che cresce e si sviluppa ad un ritmo cinque volte superiore al nostro. I peruviani sono un popolo che nasce multietnico, la sua storia non è costellata di guerre come quella europea (anche se a ben vedere con Cile ed Equador c’è sempre la scusa buona per guardarsi storto) e la sua capacità di sviluppo proviene da una autorità centrale che in spesso interviene e gestisce molti piccoli aspetti della vita quotidiana.
Ad esempio il numero di poliziotti sembra fuori misura, poi ci si rende conto che in realtà sembrano più custodi dei luoghi, che veri e propri “avvoltoi”, come a volte possono sembrare i nostri vigili urbani (ciao vigili  😉 ) .
Ogni categoria di lavoratore ci tiene ad avere un codice identificativo nell’abbigliamento e nel modo di svolgere il suo compito. Dai lustrascarpe (preziosissimi in luoghi polverosi come questo), agli addetti degli uffici pubblici, ai venditori di gelato tutti hanno una divisa. Impeccabile.
Nonostante, come ho detto, che sembri che ci sia un intervento pesante dello stato a qualunque livello di ogni attività, non mi è sembrato di individuare un assistenzialismo sfrenato e neppure mi è parso di vedere una ingerenza eccessiva.

Certo il Perù deve fare ancora molto, soprattutto a livello di welfare : la sanità pubblica lascia piuttosto a desiderare, la sicurezza sul lavoro è al livello dei nostri anni 60 e le infrastrutture per i trasporti … beh, menomale che c’è l’aereo.
Però sono cose sulle quali stanno lavorando, non dimentichiamoci che il Perù ha una supeficie che è 4 volte l’Italia e la metà della popolazione.
Inoltre tale popolazione è per metà nelle prime 5 città, il resto è sparso tra i deserti e la cordigliera delle Ande.
Con un sistema di collegamenti decisamente insufficiente, è ovvio che girandolo si incontrano tutte le realtà possibili.
Da quella dove ci ritroviamo a vivere, qui a Miraflores, nel centro ricco e moderno di Lima, fino alle situazione dei villaggi nella valle del Colca, esplorata solo nel secolo scorso, dove esistono tuttora sacche di analfabetismo.

Quello che promette bene è il fermento, è la libera iniziativa che viene premiata, qui si vedono cantieri ovunque, lavori in corso ad ogni angolo.
Da cinque anni fa a oggi ci sono zone del centro della città che non si riconoscono, grattacieli nati ovunque, centri commerciali, aree verdi, nuove strade e nuove ferrovie.
Mentre ad esempio il sistema dei trasporti pubblici è rimasto fermo al palo. Il caos del traffico è aumentato (anche grazie alla convinzione di ogni buon autista peruviano, secondo la quale, la precedenza ce l’ha LUI).
Non esiste , ancora, il concetto di trasporto metropolitano se non quello espresso dai piccoli padroncini che, in possesso di piccoli e grandi autobus, ogni giorno attraversano la città, fermandosi a richiesta (pochi millesimi di secondo) ovunque e gridando la loro destinazione da un finestrino.
Sono mezzi di trasporto dotati di “assistenza alla salita e alla discesa”, il che significa che, moneta alla mano, qualcuno ti tira dentro, se l’autista non ti schiaccia, e la stessa persona ti spinge fuori quando chiedi di scendere. Las combis … li chiamano.
La nostra referente qui in Perù ci ha dato il permesso di fare praticamente tutto, tranne cercare di prendere uno di quelli 😀

Il Perù ha mille volti, quelli dei deserti, quelli delle città, quelli dei giovani e quelli degli anziani, in ognuno però, e vi giuro che non li ho selezionati, ho potuto leggere tante cose, ma non sconforto o rassegnazione, piuttosto determinazione e fierezza.

Turismo ad Arequipa – Parte seconda

Consapevoli del fatto che sarebbe stata una bella prova per tutti, compreso il nuovo membro della nostra famiglia, abbiamo comunque deciso di fare un po’ di turismo impegnativo : visitare la valle ed il canyon del Colca.

Questa meraviglia della natura si trova a circa 300 chilometri da Arequipa, una distanza tutto sommato abbordabile, se non fosse che in questa distanza, i dislivelli di altitudine sono notevoli : si parte dai 2.300 di Arequipa, per salire ai 4.910 del Patapampa, per poi tornare ai 3.600 di Chivay ed infine, stazionare più o meno intorno ai 4.000 durante la visita al canyon, cercando di avvistare i condor.

Il tour minimo accettabile con dei bambini è quello di due giorni e comunque, il secondo giorno, per vedere i condor che planano alla mattina, è necessario alzarsi alle 5.

Il viaggio è un’affascinante traversata di un deserto montano, con un panorama frastagliato dalla cordigliera delle Ande. La strada è una sola, un serpente che si snoda per le valli e i valichi. Ogni tanto ci sono dei punti di ristoro, tipo rifugio, nei quali è possibile comprare i soliti souvenir peruviani e bere infusi rigeneranti, come quello di foglie di coca.

E’ incredibile come la sensazione di bruciore del sole sulla pelle svanisca e venga sostituita dal freddo pungente, nel momento in cui ci poniamo all’ombra.

A Chivay abbiamo alloggiato in un hotel senza alcuna pretesa, la camera era minuscola e il bagno era un francobollo, ma per una notte (tra l’altro di poche ore di sonno) era più che sufficiente, inoltre la “pro loco” ci ha intrattenuto durante la cena con canti e balli tipici che sono stati particolarmente graditi anche da Samuèl.

Il Colca è immenso, in una così stretta area si concretizzano numeri e dimensioni di difficile concezione per noi. Abituati al nostro Pratomagno, essere a 4.000, guardare in basso a 2.000 e vedere davanti una vetta di più di 6.000, con queste verticali scoscese … lascia senza parole.

Come il silenzio con cui il condor ti passa letteralmente accanto. Un soffio. Un leggero movimento della coda ed eccolo planare verso di te, per poi tornare a girare lungo la valle, in cerca di cibo. Non sbatte quasi mai le ali, conosce le correnti e le sfrutta.

La straordinaria varietà di piante che cresce a queste altitudini è pari solo alla straordinaria fauna che la popola, ci sono uccelli, insetti, lama, alpaca … dove da noi ci sarebbe solo neve e sasso, qui c’è la vita.

Il viaggio di ritorno è stato breve, ma tornare nel deserto, sentirne ancora il silenzio e vederne gli immensi spazi è stato ancora più emozionante perché stavolta non eravamo sconosciuti, stavolta non mi sono fatto prendere dallo spavento né sono rimasto sgomento della sua vastità. Stavolta ci ho parlato. E gli ho detto che ci sarei tornato.

P.S. Ai nostri carissimi amici che oggi si sposano, a Bea e Tono. Trovate il tempo per fare un bellissimo viaggio di nozze, trovate il tempo per venire in Perù. Intanto vi facciamo i nostri più calorosi auguri di una lunga vita insieme felice e serena. Vi vogliamo bene.
Evviva gli sposi!

Luce e polvere

Arequipa, in lingua quechua ha più di un significato : mi fermo qui, al di là della vetta, città guerriera … ma oggi è meglio conosciuta come La Ciudad Blanca. Questo nome deriva dal tipo di materiale storicamente usato dai conquistadores per edificare tutte le strutture più importanti e di conseguenza, tutto l’attuale centro storico della città.
Ma aldilà di wikipedia, Arequipa, ci lascia come ricordo la sensazione di luce accompagnata dalla polvere che invade e pervade, come la luce, ogni cosa.
In questa stagione, antecedente di quasi un mese al trimestre piovoso, il cielo è raramente velato. Il più delle volte l’azzurro del cielo è così intenso da scambiarlo per un cielo nuvoloso. Non fosse per il sole tropicale che ti mette l’ombra della testa sotto i piedi.
La luce è intensissima e quando si rifrange nelle pietre bianche, pietre vulcaniche sottratte ad un sonnacchioso El Misti,  diventa abbagliante.
Il vento teso, sempre, da qualunque direzione spiri, porta invece con se la polvere dei deserti che circondano la città. Che siano venti provenienti dall’oceano o da uno dei tre vulcani che la sovrastano, Arequipa si sveglia, lavora, mangia e dorme sotto una coltre di polvere.
La polvere entra ovunque, nelle cucine, nel naso, negli occhi, negli armadi. La polvere è una costante della notra vita, la tocchi, la respiri, la mastichi … questa luce polverosa, o polvere luminosa, ci è entrata dentro, nell’anima.
E’ incredibile come l’adottare un bambino di un posto lontano e così diverso dai nostri luoghi (intesi come modi di vivere), in qualche modo faccia sì che tu ti ritrovi adottato dai luoghi stessi.
Certo, dire che adesso siamo diventato arequpegni magari suona esagerato (non saremmo mai in grado di guidare come loro), eppure sentiamo che ci mancherà la polvere su ogni cosa come ci mancherà la luce insistente dalle finestre già alle cinque del mattino.
Sapere che domani potrebbe essere il nostro ultimo risveglio qui, ci ha messo un po’ di tristezza addosso. Avremmo avuto da fare altre decine di cose … ma per quante ne avessimo fatte sono sicuro che ce ne saremmo inventate altre.
Sentiamo che lasciamo in qualche modo una delle nostre case, una parte di noi si è integrata nello stesso modo in cui Samuèl è diventato parte di noi.
Comunque adesso inizia la fase di rientro del viaggio, partire è un po’ morire, ma è, soprattutto, ritornare.

 

Turismo ad Arequipa – Parte prima

Oggi turistos fai da te … nonostante le due usciate prese sia al parco Grau che nella cattedrale (causa benedizione dei bomberos), abbiamo deciso di tornare a visitare le bellezze della città di Arequipa.

Dopo aver riempito lo zaino di effetti di prima, seconda e terza necessità (mangiare, bere, cambiarsi), tutto in duplice copia ovviamente, siamo partiti alla volta del centro storico della città.

Da Plaza des Armas, la piazza principale della città, ci siamo diretti verso la chiesa della Compagnia di Gesù, situata in un angolo della suggestiva piazza costruita con le pietre bianche del Sillar, cave alle pendici del vulcano El Misti.

Seconda destinazione, il monastero di Santa Catalina da Siena, in assoluto l’attrazione più imponente di Arequipa. Una città nella città. 20 mila metri quadri di viali, abitazioni, struttre, chiostri e chiese che hanno ospitato fino a 500 abitanti, fra laici e consacrate, negli ultimi 5 secoli.
Oggi il monastero ospita 30 monache ed è relegato ad una piccola sezione. Il resto del monastero è di proprietà dello stato ed è un museo a cielo aperto.

Per accontentare anche i ragazzi (almeno così si pensava) abbiamo anche visitato una fabbrica un po’ particolare : la Mundo Alpaca che presenta tutto il processo di lavorazione della lana di Alpaca e di Lama partendo dagli animali vivi … che non hanno ricevuto il gradimento di Samuél, troppo sospettoso per avvicinarsi a loro a meno di 3 metri.

Visto che la nostra permanenza qui si protrarrà fino a fine mese si prevedono altre puntate di Turismo ad Arequipa  😎

Videobriefing

Sarà tutto pronto? Pianificato? Preparato? Previsto? Entriamo in casa Fiani e sbirciamo un po’ … sembra che non tutti i desideri saranno soddisfatti …