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Casa

Dopo un viaggio estenuante e qualche giorno di sbornia per riprendersi dalla stanchezza e dal cambio di fuso orario, adesso siamo in grado di chiudere questo blog.

Il viaggio è finito, adesso si tratta di ritornare alla normalità, che ovviamente non può più essere quella di prima, ci saranno un nuovo equilibrio e nuove abitudini.

Samuel adesso vive dei momenti di estasi quando si rende conto di tutte le attenzioni che riceve da chiunque incontri, ma anche qualche momento di smarrimento, il clima, la differenza di luce, i tempi dei pasti e del dormire sono tutte cose che ancora lo disorientano un po’ e lui si preoccupa di farcelo capire bene con gesti di stizza e pianti disperati (i quali però durano il tempo di un allarme peruviano e finita la sequenza di suoni si interrompe bruscamente, come se niente fosse!).

In tutto questo “ributolio” abbiamo deciso la data del battesimo: 11 gennaio 2015, festa del battesimo di Gesù (esageriamo!).

L’ultimo pensiero lo vogliamo dedicare a tutti coloro che almeno una volta nella vita hanno pensato: “vorrei adottare, ma….”. Vorremmo consigliare loro di gettare via senza indugio qualunque “ma” gli sia venuto in mente, il percorso a volte è difficile, sicuramente è lungo, ma tutto quello che è passato si dimentica in un attimo guardando gli occhi del bambino che diventa tuo figlio; mi sembra quasi un paradosso ma la Parola che mi viene in mente, pensando ai giorni trascorsi ad Arequipa e poi a Lima, è quella di san Paolo che dice che la donna dimentica tutti i dolori del parto dopo che il figlio è nato, vi possiamo garantire che è così!!! (E vale anche per i dolori del padre). Quanto tempo tempo abbiamo aspettato?! Praticamente niente! Quanto abbiamo sofferto in questo percorso?! Per nulla! Ci sono stati problemi?! Nessuno!

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Questo è il messaggio che vorremmo passare, sperando di contagiare altre coppie. Di convincere qualcuno a dare spazio ad un figlio che venga da lontano. Noi possiamo offrire qualche suggerimento, una buona dose di esperienza, numeri di telefono, indirizzi, orari di apertura degli uffici, preghiera di accompagnamento, sostegno nei momenti di bisogno, amicizia… e figli con cui giocare!

Per chi ha voglia di rivivere il nostro primo viaggio, qui può trovare il blog di MaPi.
Sotto invece, tutto quello che ci è accaduto nel secondo, per Samuèl, dall’inizio, alla fine.

Buona lettura e, visto che oggi è il 24 dicembre 2014, buon Natale di Gesù.

Samuèl a casa

Partenza

Oggi abbiamo avuto il passaporto vistato di Samuèl Fiani Debolini, con il permesso di ingresso permanente in Italia, siamo andati subito in AirEuropa e abbiamo cambiato il volo; domani mattina alle 11:15 voliamo via da Lima per atterrare a Roma giovedì mattina alle 9:30.

In questo momento mi sento profondamente stordita, non mi aspettavo di riuscire a partire prima di quello che avevamo fissato, sto girando per casa cercando di incastrare tutto nelle valigie, con Maria Pilar felice che facciamo un giorno di pausa dai compiti, Samuèl che sente il nervosismo del momento e si agita un po’, Filippo che fa le ultime commissioni prima di partire.

Mi sembra di non essere riuscita a fare un sacco di cose, non ho avuto tempo di fare una passeggiata all’olivares, non sono riuscita ad andare da Wong in ovalo Gutierrez a salutare il pianista, non ho fatto un numero sufficiente di colazioni da Starbucks con quei litri di caffè e i dolcetti superindustriali, non sono riuscita a mangiare da KFC (per la gioia di mio marito!), sono stata troppo presa dai compiti che in quanto a tempo me ne hanno risucchiato davvero tanto e tutto il rimanente l’ho occupato a spupazzarmi il pargolo che aveva tutto il diritto di giocare con babbo, mamma e sorella senza tanti altri impegni nel mezzo.

In realtà, ovviamente, se ci penso bene, siamo stati benissimo; ci siamo potuti concedere diversi momenti di svago “turistico” e il tempo ai giardini e giochi vari è stato fondamentale per i neo-fratelli, per conoscersi e “misurarsi” a vicenda.

Adesso non ci resta che salutare questa città e il suo oceano, il suo clima così strano con questo cielo sempre coperto e la garua che passa sopra i grattacieli, l’umidità che bagna i vestiti anche se sono dentro l’armadio, il rumore assordante delle strade, le bancarelle alle quali ci siamo tanto affezionati e i taxi con i quali abbiamo fatto esperienze mitiche.

Il pensiero va a quando potremo tornare, con i figli grandi, per raccontare loro della Terra dove sono nati e della quale portano dentro dei segni indelebili … e a quando, finalmente, mio marito potrà andare a Machu Picchu senza che sua moglie gli rovini i piani!!!

Adesso un po’ di ringraziamenti: a Filippo, Maria Pilar, Jo, Chiara, Silvia e Maria Alejandra, babbi e mamme, nonna, amici, GRAZIE!

Partenza

Conosciamo meglio il protagonista

Visto che pare che presto avrete a che fare con il protagonista di questa bella storia, cerchiamo di presentarvelo un po’ meglio, eccovi qualche dettaglio sul soggetto  che abbiamo la grazia di chiamare nostro figlio.

 – prima di tutto il ragazzo è un pochino sotto la sua altezza forma, diciamo che mancano circa 5/6cm all’altezza ideale per l’età, in compenso il peso c’è tutto, ma questo avete avuto modo di apprezzarlo con le foto del mare (altri dicono semplicemente che è di gambe corte);

-usa ancora il pannolone per problemi legati all’arrivo improvviso di mamma e babbo (certa gente non ha neanche la buona educazione di fare una telefonata prima!), in realtà lo aveva smesso, ma questa serie di novità lo hanno scombussolato un po’, in realtà stiamo recuperando, oggi per esempio ha chiesto di andare in bagno per la cacca ed è rimasto  molto soddisfatto di quanto ha lasciato nel water;

– non ama che gli si dica di NO, normalmente reagisce urlando, e visto che ha capito che ci irrita quando urla, adesso lo fa mettendoci il suo massimo impegno, specialmente se questo interrompe uno dei suoi giochi preferiti;

– ama la musica, cantare e ballare, lo fa appena sente un motivetto, anche se è seduto nel passeggino o sdraiato sul letto, muove la testa, tiene il tempo con il piede, gli piacciono tantissimo le filastrocche e tutto quello che assomigli ad una cantilena, quindi vai con le canzoncine dello zecchino, le bans dei campeggi e tutto quello che vi venga in mente, in questo momento nella hit parade ci sono: la galina turuleca, la vaca lechera, cavallino arrì arrò e staccia buratta, senza di quelli non si va a letto;

– di tutti i giochi dei giardintetti preferisce l’altalena (meglio se azzurra), non scenderebbe mai, riesce a creare la fila dei bambini dopo di lui;

– il suo colore preferito è l’azzurro, vuole tutto azzurro: la maglina, i pantaloni, la macchinina, la cannuccia;

– molto spesso fa lo sbruffone, ma poi ha paura di un sacco di cose, specialmente degli animali, l’unico con cui aveva fato amicizia era Mister, il cane di Arequipa, dell’acqua poi non ne parliamo nemmeno;

– gli piace mangiare riso, carne, pasta, dolci, frutta, formaggio, uova, latte … insomma, per adesso una cosa alla quale abbia detto no grazie, non l’abbiamo trovata, è innamorato della chicha morada, quindi organizzatevi;

– il ragazzo non è particolarmente atletico, se trova da sedersi non aspetta neanche un momento, se lo si fa camminare più di 10 passi comincia subito a lamentare dolori agli arti, ginocchia e piedi sono subito affetti da chissà quale strana patologia invalidante, nona caso abbiamo comprato un passeggino;

– ha ancora difficoltà a capire ciò che è suo, ciò che è di un altro, ciò che è di tutti, per esempio questo concetto che la mamma è mia ma è anche di MaPi è un po’ difficile da digerire, ma anche il fatto che le scarpe siano “sue” in certi momenti gli sembra strano, e allora comincia a ripetere le stesse cose ad oltranza, questo è mio, questo è tuo, questo è di Maria Pilar, questo è di babbo… fino allo sfinimento;

-non vuole mai andare a dormire, né il pomeriggio, né la sera, quando si rende conto che è l’ora di avvicinarsi al letto va nel panico, comincia a piangere, e chiede di non andare a letto, allora ci vuole un po’ di pazienza, una dose doppia di carezze, qualche parolina dolce e si mette tranquillo, di lì e dormire passano sì e no 2 nanosecondi!

– è fondamentalmente un giocherellone, come ce lo ha presentato la prima volta la psicologa, ti riempie di faccine, espressioni buffe, versacci, tutto per attirare la tua attenzione e strapparti un sorriso, anche quando magari lo vorresti brontolare e non ti riesce perché ti scappa da ridere… insomma, è una vera faccia di bronzo!

Una notte al ChocoMuseo

Spulciando tra le varie cose suggerite da Tripadvisor abbiamo scoperto che a tre passi da casa nostra c’è il ChocoMuseo!!! Sarebbe un bar, neanche tanto grande, che però ti permette di fare un piccolo viaggio nel mondo della cioccolata, raccontandone la storia, la cultura, il modo di coltivarla e di lavorarla.

ChocoMuseo - la via del cioccolato
ChocoMuseo – la via del cioccolato

I gentilissimi e simpatici ragazzi che ci lavorano ti accolgono con una tazza di the fatto con le bucce delle bacche tostate, introducendoti a partire dai sensi del gusto e dell’olfatto, al percorso che trasforma le bacche della pianta del cacao in quei buonissimi bocconcini aromatizzati alle cose più strane, dalla cannella al ginger.

Inoltre è possibile, ad una modica cifra, fare una divertentissima esperienza che è quella di crearsi da soli i cioccolatini, chiaramente partendo dalla cioccolata fusa già pronta. Però bisogna ammettere che ci abbiamo preso gusto e ci siamo divertiti … prima, durante e … dopo  😀

 

 

Perù e religione

Quando più di sei anni fa, abbiamo scelto il Perù come nostro paese adottivo in realtà non fu propriamente una scelta. Successe che l’associazione I Cinque Pani ci indicò questo paese come il “migliore” per il nostro profilo adottivo e per noi fu facile fidarsi di loro.

Non ci fu nessun tipo di valutazione o di analisi, volte a selezionare o scartare luoghi che potessero essere più o meno affini al nostro stile di vita (anche perché vi posso garantire che in Perù non si vive come in Italia).

E’ però piacevolmente vero che la spiccata sensibilità religiosa di questo paese ci piace.

Non vi imbrogliate, non è un paese di pecoroni o di bigotti, ma è un paese che riesce a mantenere in piedi un sistema statale laico pur ammettendo di essere nato, cresciuto e di evolversi grazie ad una cultura che si incentra sulla religione cattolica.

E’ un paese che pur muovendosi in una direzione di garanzia e tolleranza per tutti i tipi di pensiero, non solo non rinuncia alle proprie radici, ma ne fa un vanto e le rappresenta in ogni occasione, accanto alle radici dei popoli che vivevano qui prima dell’arrivo degli spagnoli.

E’ infatti possibile trovare rappresentazioni storiche Wari o Inca a fianco di processioni mariane oppure ascoltare preghiere cristiane in lingua quechua senza che nessuno senta il bisogno di denunciare l’altro di intolleranza o di ledere i diritti di nessuno.

Lo stato ha promulgato leggi sul divorzio e sull’aborto (anche se sono molto meno di manica larga rispetto alle nostre), si compone di ministri (di altre religioni) che hanno facoltà di esprimersi liberamente e di dirsi a favore dell’adozione a coppie omosessuali (anche se attualmente la legge non lo prevede) permettendo reazioni da parte del clero senza che lo stesso sia messo alla gogna, additato di oscurantismo, come avviene in Europa.

Ognuno ha la possibilità di dire la sua mentre un governo fa le leggi che ritiene di fare. Non entro nel merito della politica Peruviana, veniamo da due settimane di campagna elettorale Arequipeña e vi giuro che ne abbiamo abbastanza di tutti quei faccioni appesi ovunque.
Però vi posso dire che il Perù è tutto, tranne che un paese asservito al clero : come ho già detto vi sono leggi che vanno contro ad ogni dettame della Chiesa, divorzio, aborto, fecondazione assistita, regolamentazione della prostituzione.
Eppure, nonostante lo si possa iniziare a definire progressista come è progressista la vecchia Europa, c’è un attaccamento alla cultura cristiana (in particolare a quella cattolica) che stupisce.

Questa cultura la si vede in tanti piccoli gesti di attenzione ai più deboli. Qui davvero le donne incinte e le persone con handicap saltano le file. Qui, nonostante che il peruviano alla guida di un mezzo motorizzato si senta il padrone assoluto di ogni precedenza, non è raro veder fermare il traffico se accenni ad attraversare con il passeggino. Qui è difficile sentirsi dire che siamo bravi, piuttosto, quando raccontiamo dell’adozione, ci sentiamo dire que Dios los bendiga, nonostante nessuno abbia idea di quale religione noi siamo. 

Mi viene da sorridere pensando a quanta rabbia scaturirebbe da una frase del genere, detta in uno dei nostri tollerantissimi paesi europei, ad un sostenitore dell’anticlericalismo a tutti i costi. Me le immagino già le reazioni di alcuni : – “A me, il tuo dio, non mi benedice! Capito?!? Perché io mi sono debenedicizzato! Scresimato e Sbattezzato! Chiaro?!?!

Oppure ad un teo-dietrologo sostenitore della cultura del sospetto : – “Cosa vorresti dire? Eh?!? Che senza la benedizione di santa romana chiesa  io non ho diritto a stare bene con me stesso e con le persone che amo? Eh!?! E’ l’amore la base di tutto! Dovresti saperlo, è il tuo Cristo che l’ha detto! Dimmi dov’è che ha istituito le benedizioni!?!

Vi potrei continuare a presentare le manifestazioni con cui questo paese esplicita il proprio attaccamento alla religione, come parlandovi del fatto che in ogni luogo pubblico e/o statale ci siano immagini sacre, altari alla Madonna o crocifissi a grandezza naturale, ma preferisco lasciarvi con il racconto di una cosa che mi ha fatto sorridere e pensare a questo articolo.

All’ambasciata italiana, quando siamo andati a chiedere il visto di ingresso, oltre ad essere stati chiamati a saltare la fila perché abbiamo due bambini, l’italico operatore allo sportello ha esordito così : “Ah tornate in Italia con Samuél … Samuél come il profeta … “.
Noi abbiamo fatto un sorriso di circostanza, perché non si sa mai, in certe situazioni la nostra esperienza ci dice che è meglio non esporsi subito.
Subito dopo aver concluso le pratiche, lo abbiamo visto sparire dietro la scrivania e riemergere con un rosario e un’immagine della Madonna, come regalo per Maria perché durante l’attesa era stata brava.

Inutile dire che sul momento ne siamo stato semplicemente felici salvo poi rifletterci un attimo : chi glielo ha detto che siamo cattolici? (un rosario con santino non lo accetterebbe nessun’altro …); chi gli ha detto che di fronte non aveva un paio refrattari? Nessuno. Eppure il gesto lo ha fatto, e lo ha fatto con naturalezza spontanea. Chissà in Italia  quanto durerebbe, un dipendente pubblico, con tali slanci …

Perù e religione

Giro di boa

Dopo la bella gita al canyon del Colca, che ci ha permesso di distrarci un po’ e vedere una parte affascinante del Perù abbiamo passato due giornate molto concitate.
Ieri eravamo ancora ad Arequipa, avevamo l’appuntamento all’ufficio di stato civile della municipalità di Alto Selva Alegre per fare il nuovo atto di nascita di Samuèl, ma per arrivare a mettere quella firma e relativa impronta digitale (tanto serve per riconoscere un figlio) la nostra referente ha dovuto fare diversi viaggi per la città e questo mi ha dato il tempo di sfruttare al massimo “lavadora” e “secadora” della nostra casa e stipare i bagagli per il viaggio.

Il momento del suo nuovo atto di nascita Samuèl se l’è dormito alla grande visto che era l’ora della siesta, così me lo sono cullato per tutto il tempo che siamo rimasti nell’ufficio, con gli occhi di tutte le impiegate puntati addosso, la psicologa visibilmente commossa, Maria sempre più appiccicosa nei miei confronti, Filippo con lo sguardo perso e Alejandra che gestiva tutte le scartoffie.

Questo momento di emozione è durato tutto sommato pochi istanti, perché poi di nuovo in taxi, un altro ufficio, altre firme, poi di corsa a casa, stipare le valigie ancora di più, partire per l’aeroporto (con due taxi!!!), e via… si torna a Lima…

Primo viaggio in aereo di Samuèl, ad un primo momento di grossa agitazione quano siamo saliti in aereo, è seguito la fase di sonno profondo. Ha dormito quasi tutto il tempo, bravo bambino, fai le prove per il transoceanico che è meglio!

noi

Adesso siamo a Lima, siamo a metà del nostro viaggio? Lo spero proprio, anzi vorrei che fosse anche di più, intanto oggi non abbiamo potuto fare quello che pensavamo perché la persona che doveva firmare il nostro documento non era in ufficio, ci andremo lunedì.

Quindi per adesso cerchiamo di acclimatarci di nuovo all’umido di questa città, Arequipa già mi manca, stamani questo cielo grigio-biancastro, il sole che è arrivato solo a metà pomeriggio, il rumore assordante della strada che arriva fino al sesto piano del nostro appartamento, niente all’orizzonte … no, direi che niente mi aiuta ad avere voglia di restare qui … non ci resta che accelerare il più possibile le pratiche!!! (Forza Alejandra!!!)

fuori

P.S.: Siamo pure senza ADSL (l’unica cosa che riesce a raggiungerci anche in questo momento di “silenzio radio” sono i compiti di Maria Pilar, grrrr), dice che il tecnico sta arrivando, però ha l’orologio peruviano, quindi speriamo che arrivi prima di domani!

P.P.S.: In compenso, nell’appartamento dove siamo (immenso) abbiamo ritrovato un vecchio amico che ci è tanto, tanto mancato … curiosi di sapere chi è?

Politically (s)correct

Politically (s)correct

Venerdì 21 a Montevarchi sarà presente Mario Adinolfi e nonostante la nostra felicità ed il nostro meraviglioso viaggio, io e Laura non neghiamo una punta di dispiacere dovuta al non poter partecipare.

Voglio la mamma e i libri di Costanza Miriano sono le nuove parabole evangeliche che i cattolici dovrebbero leggere e che i parroci dovrebbero diffondere sia dal pulpito che durante le catechesi degli adulti.
Sono testi che i catechisti (come la nostra Maria Elena Boschi) e chi porta La Pira alla tesi di laurea (come il nostro Matteo Renzi), dovrebbero conoscere a menadito, se davvero vogliono lasciare il mondo un po’ meglio di come lo hanno trovato, visto che loro hanno anche degli strumenti piuttosto potenti.

Perché ne parlo qui? Perché sono un polemico di natura, perché sono un cattolico e perché sono profondamente contro ad ogni teoria che possa approssimare la famiglia alle unioni omosessuali. Soprattutto quando si parla di bambini.

Non ho detto che sono contro tali unioni, dico e ribadisco che esse NON SONO luoghi naturali di crescita per i bambini e come tali possono godere di qualunque diritto legato alla relazione tra le due persone, ma non devono essere chiamati famiglia. Poco mi importa di essere antipatico o politicamente scorretto, se poi passasse il DDL scalfarotto questo testo sarebbe anche fuori legge, figuriamoci.

Ultimamente si parla di stepchild adoption, il primo passo “all’italiana” per arrivare al vero obiettivo delle forze LGBT : l’adozione di bambini come le coppie eterosessuali.
Dico “all’italiana” perché il buonismo che contraddistingue la massa italica tende a lasciar passare le peggio nefandezze purché leggermente imbellettate.
Il tipico pensiero di fronte alla coppia omossessuale che vorrebbe tanto, ma tanto, poter tenere con se il figlio naturale di uno dei due membri, nato da una precedente unione eterosessuale è questo : – “Uh poverini, ma se gli vogliono bene … povero bimbo, dove lo facciamo finire? In un orfanotrofio?”.
Sono un viscido e insensibile cattolico e quindi mi domando : – “Ma … o quanti omosessuali ci sono, che ora vivono con una persona del loro stesso sesso, che però hanno avuto figli in un rapporto eterosessuale?” – e ovviamente mi rispondono le statistiche : A partire dal jet set, quello delle star come Elton Jhon e Gianna Nannini, fino alle coppie con più modeste capacità economiche, la moda del momento è procreare tramite l’utero in affitto e la donazione di sperma.

Allora non stiamo parlando di sanare una situazione involontariamente venutasi a creare perché “Oddio! Non sapevo di essere gay!”, bensì di dare una scappatoia, di inserire un cuneo per poi avere un “tanto ormai lo fanno tutti” come scusa per legiferare in favore delle adozioni alle coppie omosessuali.

E qui l’italiano medio mi verrebbe incontro puntando il dito : – “tu vuoi lasciare i bambini abbandonati negli orfanotrofi!!!” – ed è qui che mi gioco tutto il mio sacrosanto diritto di dire la mia : Proprio perché NESSUNO mi può venire a dire che io lascio i bambini in orfanotrofio allora posso dire che le coppie gay e lesbiche NON SERVONO a togliere nessun bimbo da nessuna parte.
E’ tutta fuffa, polvere sollevata per confondere l’opinione pubblica e nascondere il vero motivo e cioè che loro vogliono avere figli.

Fidatevi di me, e se non vi fidate, andate a passare un po’ di tempo presso qualche tribunale dei minori o negli orfanotrofi, vedrete che il problema non sta nella mancanza di coppie che sono disposte a dare una famiglia ad  bambino, ma nel sistema giudiziario italiano, che relega i nostri figli in difficoltà in un limbo che non è né una famiglia vera, né la possibilità di averne una.
La colpa è dei giudici che non hanno il coraggio di dare una speranza e un futuro a questi bambini dichiarando il loro stato di abbandono e li relegano in case famiglia in attesa che un genitore decida di volerli con se.
La colpa è di chi preferisce sovvenzionare il bambinificio moderno, chiamato fecondazione eterologa (un sistema per generare orfani subito adottati) all’istituto dell’adozione, dove le coppie si accontentano di avere un figlio uno un po’ meno su misura.

Non capite perché la fecondazione eterologa è un bambinificio di orfani?
Perché il patrimonio genetico che gli appartiene proviene da almeno una persona che non conosceranno mai e che, pur sottoforma di gamete, li ha abbandonati (… ah no, poi da grandi avranno il diritto di sapere di chi sono naturalmente figli … e quindi giù ancora a cercare di rimediare, a colpi di leggi, a tutto quello che era fino a poco prima vietato).

Per questo mi rivolgo a te, Matteo, e a te, Maria Elena. Volete mettere le mani sulle leggi per le adozioni in Italia? Bene, fatelo, ma fatelo con attenzione, fatelo tenendo sempre davanti a voi il destinatario delle leggi che state maneggiando : il bambino.

Muovetevi come se per le mani aveste un bimbo. Con delicatezza e dolcezza, pensando al suo bene; e il suo bene non sono i vostri voti o il gradimento del PD o il pienone alla Leopolda. Il suo bene si dipana in un progetto strutturale che probabilmente è poco orecchiabile alle masse e che magari passa da qualche strigliata ai tribunali dei minori (come quello di Firenze, dove ancora si ha una gestione cartacea dei faldoni, zero informatizzazione e addette di segreteria che fanno il buono ed il cattivo tempo sulle coppie. Parlo per esperienza personale e dati alla mano).

Dovete dare vita a un progetto che passa per una definizione unica e inviolabile di famiglia che ristabilisca la naturalità delle cose. Tutti abbiamo un babbo e una mamma, tutti ne abbiamo diritto, tutti i bambini ne hanno diritto.

La modifica alle leggi sull’adozione deve mettere al centro i figli e non le madri e i padri. Deve tenere conto che nel dubbio, è meglio che un bimbo finisca in adozione, piuttosto che aspettare in casa famiglia per anni una madre e un padre (quando c’è) che non hanno la possibilità di approfittare del miracolo della Vita.

Deve dare coraggio ai giudici per fare il bene del bambino, non servire logiche assistenzialiste per il mantenimento delle case famiglia. Soprattutto non devono continuare a credere che una famiglia naturale sia sempre la migliore soluzione, mentre oggi sembra che manchi il coraggio (che vedo invece in altri paesi come il Perù) di prendere decisioni impopolari.

Infine, anche se meno importante perché, nonostante tutto, in Italia, si avvicinano all’adozione migliaia di coppie ogni anno, ci sarebbe quella piccola questione dell’adozione internazionale e dei suoi costi.
Abbiamo bisogno di aiuto, Matteo, Abbiamo, bisogno, di, aiuto.
Chi ha adottato all’estero dopo il 2011 non ha ricevuto più nessuna sovvenzione (oltre la deduzione delle spese sostenute) eppure i soldi per la fecondazione eterologa a Careggi li avete trovati.
Voglio che qualcuno mi spieghi perché io, per non lasciare abbandonato un bimbo già nato, che non ha i miei tratti genetici, devo spendere decine di migliaia di euro, mentre mi resta quasi gratis (a carico del contribuente) andare a generane uno di sana pianta.
Qualcuno mi spieghi questa differenza.

Forse siamo solo il prodotto di noi stessi, in questo caso, sono veramente contento che i miei figli non siano un nostro prodotto.

Bisogna avere la forza di credere che la Verità è Verità, anche se impopolare. Grazie Mario, grazie Costanza.

Politically (s)correct
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Prove generali di famiglia

Dopo le forti emozioni delle visite e uscite dall’orfanotrofio, dopo la festa travolgente da più punti di vista, finalmente Samuel è arrivato a casa nostra.

I primi giorni di vita familiare sono stati assolutamente normali e assolutamente straordinari allo stesso tempo: piccole gelosie di Maria Pilar, smarrimenti di Samuel che un po’ sta faticando ad abituarsi ai nuovi ritmi di vita, i compiti di Maria che sono sempre un capitolo poco spassoso della giornata, noi genitori che cerchiamo di dividerci tra questi sermannoli (n.d.r. vandali) che gareggiano per attirare la nostra attenzione… ho detto qualcosa di inaspettato? Non credo proprio!

Quindi le nostre giornate fino ad ora sono state un tranquillo tran-tran durante le quali abbiamo cercato di inserire qualche uscita turistica, rimbalzando il più delle volte su cancelli chiusi! (chiuso il parco giochi, chiuso il museo archeologico)

Una sorpresa ci è stata fatta dai volontari dell’orfanotrofio che ci hanno regalato foto di Samuel quando era più piccolo, adesso finalmente possiamo condividere con tutti voi un po’ di queste immagini:



Domani e dopodomani ci aspettano le visite della psicologa, i lavori, per adesso, procedono secondo il calendario che ci avevano indicato.

Adesso i miei eutrofici figli mi richiamano all’ordine… hanno FAME! Mangiano da soli, ma ancora non cucinano da soli… che dire… tutti il loro babbo!!!

Baci&Abbracci

Giovedì mattina ci siamo alzati e con il primo sguardo, io e Laura, ci siamo intesi subito : sarebbe stata una dura giornata, l’ultima senza Samuél, a causa dell’impegno pomeridiano che ci era stato programmato dall’ufficio adozioni.
Abbiamo passato la mattina insieme a nostro figlio, come nei giorni precedenti, e nel pomeriggio siamo andati a fare degli acquisti speciali :

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Tutto questo ben di Dio era necessario per fare una festa … in orfanotrofio.

Quando me lo dissero, già martedì mattina, io rimasi così scioccato da dimenticarmi di comunicarlo subito a Laura. Glielo dissi mercoledì sera e il suo sguardo attonito mi confermò quello che era stato il mio primo pensiero – “Ma stiamo scherzando? Ma vogliamo davvero andare a sbattere in faccia ai bimbi che restano lì, il fatto che Samuèl ha trovato una famiglia?” – mi risuonavano in testa le nenie crudeli dell’infanzia – “Beeene, io ho un babbo e una mamma … e te noooo!”.
Ma non era una cosa che potevamo scegliere. Ci si formava un nodo in gola al pensiero di entrare in quelle stanze a sbandierare una gioia che sentivamo diventare una cosa di cui vergognarsi di fronte a loro.

Non voglio essere esoso, vi voglio solo raccontare i nostri sentimenti e come essi, più tardi, si sono rivelati sostanzialmente sbagliati.

Sono molte le differenza tra questo hogar e  quello dove siamo stati a conoscere Maria. La prima differenza sta nel fatto che questo è privato, gestito da un’associazione internazionale di volontari, mentre quello di Maria era statale. Questa differenza fa sì che la raccolta dei fondi sia difficoltosa e totalmente in mano agli operatori, mentre quello statale era ovviamente totalmente finanziato.
Per lo stesso motivo la gestione interna segue protocolli completamente diversi : nel caso di Maria, noi passammo quattro giorni all’interno della struttura, tornando a casa solo per dormire, mentre nel caso di Samuèl, già dal primo giorno siamo usciti con lui portandolo dove volevamo. Sempre sotto un certo controllo delle autorità, è chiaro, ma liberi di portarlo anche a casa nostra, a patto che la sera lo riportassimo all’hogar .

In questo hogar, quando un bambino trova una famiglia, si fa festa. Poco importa che a noi ci si materializzi in mente l’immagine delle cerimonie di consegna che avvengono in Vietnam, tra madri biologiche e madri adottive (non ci credete? leggete qui un link a caso).
Loro festeggiano, festeggiano la speranza che c’è sempre e per tutti. Festeggiano la tenacia e la voglia di essere felici. Festeggiano l’essere vivi e in quanto tali, capaci e desiderosi di essere allegri.

E allora se il motivo è questo, se deve essere una festa di speranza più che una festa di addio, che festa sia!

Di certo c’è una cosa : anche stavolta abbiamo toccato con mano la bontà del cuore umano, la disponibilità al servizio gratuito da parte di giovani di tutto il mondo.
Una bontà d’animo non riconducibile a nessun credo o religione particolari, ma semplicemente presente nell’uomo in quanto creatura capace di amare.
I volontari e gli operatori, giovani e meno giovani (peruviani, inglesi, neozelandesi) hanno reso il momento della festa non solo sopportabile, ma addirittura bello, ed è qui che ci siamo resi conto che sbagliavamo a pensar male di questo evento.
Nonostante si possa essere visto, per un attimo, un velo di tristezza sul volto degli ospiti un po’ più grandicelli, è evidente che la struttura è ben gestita e ai bambini gli si vuole davvero davvero bene.
Grazie quindi a questi angeli dell’hogar che hanno accudito anche nostro figlio nei mesi scorsi :

Per un grazie ancora più concreto e sostanziale vi invito a visitare i siti legati all’organizzazione Traveller Not Tourist e a fare loro una donazione qui  (tra poco è Natale …)
Inoltre potete seguire su Facebook il gruppo Pachawawas – Children of the Earth e se magari c’è qualche giovane che ha voglia di girare il mondo facendo allo stesso tempo qualcosa di utile … beh magari si potrà trovare un giorno ad accudire un altro “Samuèl”

Infine, se volete dare qualcosa all’hogar dove è stato accudito Samuèl e dove ancora vengono accuditi tutti quei facciotti che avete visto nelle foto, potete fare una donazione sul conto peruviano della ScotiaBank intestato alla :

CASA HOGAR LUZ DE ALBA – AREQUIPA

SWIFT code : BSUDPEPLXXX
SWIFT code (8 characters) : BSUDPEPL
Branch code : XXX
Account : 700-7659543

Emozioni vecchie e nuove

Siamo ad Arequipa, Maria Pilar già dorme, le nostre cose sono state sistemate in casa (abbiamo preso un appartamento in affitto che documenteremo con la luce del sole), adesso non ci resta che aspettare domani mattina, quando incontreremo Samuel.

Fino a questo momento mi era sembrato di non essere partita affatto, dopo tutte quelle ore di volo trovare un posto così familiare da sentirsi a casa, riconoscere i luoghi, gli incroci, i giardini, sapere in quale via andare per comprare una cosa, riconoscere la chiesa parrocchiale… tutto faceva pensare che il viaggio ancora non era iniziato. Le emozioni vissute in questi posti sono state talmente grandi da creare un legame unico, di quelli che si può avere solo con i luoghi speciali dell’infanzia.

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Stamani poi quando siamo stati al DGA (Direction General di Adopcion) per il colloquio con la psicologa e l’avvocato che seguono il caso, beh, che dire, è stata una chiacchierata semplice e tranquilla, come fossimo a Prato dall’ente (sì mi ricordo che vi siete trasferite!), che si è conclusa con i complimenti a Maria per la bellissima medaglia di SORELLA MAGGIORE che portava al collo e i complimenti alla nonna che l’aveva confezionata. Ovviamente dicendo semplice e tranquilla non intendo dire senza significato, ci hanno spiegato bene quali sono le peculiarità di Samuel e cosa ci dobbiamo aspettare per domani affinché anche noi siamo preparati all’incontro; qui ti vogliono vedere bene in faccio prima di affidarti un loro TESORO (che i loro figli sono tesori i peruviani te lo dicono subito all’aereoporto mentre fai l’immigrazione con dei poster formato gigante… quindi occhio.. trattali bene).

Adesso però comincia il pezzo di strada nuovo, tutto da scoprire, città sconosciuta, figlio sconosciuto, adesso comincia il batticuore non più solo per i ricordi intensi dello scorso viaggio ma anche per l’attesa e la trepidazione per domani.

Buona notte!

10 mila chilometri e sentirsi a casa

Come promesso, eccoci qua : a Lima … e su queste pagine  😉  .
Stamani mattina, prima delle 6, ora locale, siamo atterrati. Il viaggio è stato piuttosto confortevole, anche se inevitabilmente lungo.
Siamo arrivati pure con un’ora di anticipo in un sonnacchioso e deserto aeroporto che sembrava aspettare il nostro sbarco per svegliarsi.
La nostra referente ci ha raggiunti appena siamo usciti dalla dogana e, subito dopo aver comprato i biglietti per raggiungere (domani) Arequipa, abbiamo rivisto la città che ha dato i natali a MaPi.

20141109_075612Già ad una prima occhiata si nota che 5 anni, da un punto di vista atmosferico, non hanno sortito cambiamenti. La garua fa sempre da padrona mangiandosi ogni tipo di orizzonte, anche se poi, nella mattinata, il tempo è migliorato, offrendoci i panorami che conoscevamo.

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Ma non sono questi i luoghi che abbiamo avuto fretta di visitare : fin da poco prima di atterrare, l’alba che ha “inseguito” il nostro aereo ed ha illuminato il nostro atterraggio, dopo un viaggio completamente notturno, ci ha emozionato e commosso.
Abbiamo subito realizzato che avremmo avuto davanti una giornata intera per fare quattro passi in alcuni luoghi speciali. Così, dopo aver fatto una bella doccia in albergo, siamo scesi a contrattare passaggi con i tassisti per raggiungere parco Kennedy a Miraflores, il parco dove abbiamo passato tantissimo tempo con MaPi.

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E visto che è pure domenica, come possiamo rinunciare alla messa nella Chiesa di Nostra Signora dalle Mani di Forbice? (passatemi la battuta, conoscete la mia devozione alla Madonna, ma questa statua, non si può guardare …)

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Abbiamo pranzato in un ristorante sulla passeggiata di Miraflores dove avevamo mangiato anche con Eugenia nel 2009 e poi mi sono fatto affascinare di nuovo dai ragazzi del parapendio :

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Solo che stavolta, quello che non mi ha affascinato è stato il prezzo : 240 soles (80 dollari) per 10 minuti … quando non era legale e si contrattava ero riuscito a fare quasi mezz’ora con 30 dollari … vabbè.

E’ incredibile come ci siamo sentiti a casa così lontani da casa, come ogni angolo ci procurasse un ricordo vivido, un negozio, un palazzo, tutto è come era con MaPi. Ad ogni incrocio, tornando in albergo con un taxi (dopo aver tirato sul prezzo perché secondo il tassista il tratto era lungo, secondo me era breve) era possibile rammentare con Laura un episodio.
Ci sentiamo così a casa tanto che ad un certo punto del tragitto, per non allungare troppo la strada, mi sono permesso di dare indicazioni al tassista, che prima mi ha guardato come un alieno, colpito dal mio idioma tosco-ispanico, poi mi ha assecondato … ma forse solo perché anche in Perù, ai matti, dicono sempre di sì.

Adesso buona notte, qui sono solo le dieci, ma avendo ancora addosso il fuso nostrano, mi sento abbastanza a pezzi (visto che in Italia sono le 4 del mattino). Domani alle 8.30 saremo al dipartimento peruviano che si occupa delle adozioni (D.G.A.) e nel tardo pomeriggio decolleremo per Arequipa … cioè per un’altra città che ha tutti i titoli per diventare una nuova casa.

Le complicazioni nascoste

Ogni aspetto di un viaggio di questo tipo presenta la doppia faccia delle “complicazioni nascoste”.
Qualcuno potrebbe pensare che i problemi di una adozione siano finiti, una volta giunti all’ultimo viaggio.

Invece no.

Se fino ad ora la lunga attesa era stata una evidente, evidentissima e dura faccenda da affrontare vis-a-vis, durante quest’ultimo passo ci imbattiamo, dietro ad ogni angolo, nella “complicazione nascosta”.

Prima complicazione nascosta : Jo.
Oramai in casa con noi da anni, splendida 21 enne, libera e indipendente, può venire con noi in Perù? Si! … No! … Ni … insomma è complicato.
Appunto.
Avremmo voluto averla con noi con tutto il cuore, purtroppo la Dirección General de Adopciones in Perù non la conosce, non era presente nella domanda che abbiamo fatto per la seconda adozione, quindi ci dovrà aspettare a casa.

Seconda complicazione nascosta : Partire.
Come sapete, Samuèl ci aspetta dai primi di settembre … e allora che ci facciamo ancora qui? Perché non partiamo?
E dai … è complicato.
C’è un documento che il Perù vuole dal Comitato per le Adozioni Internazionali che è l’autorizzazione a procedere (questo qui). Arrivare all’autorizzazione a procedere è semplicissimo :

   Una volta abbinato Samuèl alla nostra famiglia  si firma un  foglio di accettazione che  viene tradotta e portata al ministero peruviano  che la registra ed entra in contatto con la struttura dove è ospitato il bambino che dice "ok" e quindi il ministero manda  un pacco enorme di documenti e chiede all'associazione "I cinque pani" di  mandare questa autorizzazione ma lo chiede in spagnolo quindi  va tradotto e mandato al C.A.I. (che non è quello delle  passeggiate ma la  commissione che vigila  sulle adozioni internazionali)  la cui risposta  in italiano va anch'essa tradotta senza considerare che diversa roba va legalizzata ed è piena  di bolli  bollini e apostille e  quando il ministero  peruviano la  riceve allora  possiamo partire. In fede.
Noi.

Tutto chiaro? Siete un po’ senza fiato? Beh anche noi, da un mese più o meno. Siamo così allenati alle apnee che con Maiorca ci si gioca il record mondiale testa a testa.

Terza complicazione : Il viaggio.
Siamo ormai più o meno tutti abituati al viaggio “fai da te”, mastichiamo tutti il concetto di last minute e non abbiamo più paura di incorrere in voli fantozziani (quelli delle vergognose corse verso i posti al finestrino). Quindi che ci vuole? Armiamoci di computer, internet e iniziamo a programmare voli e coincidenze.
Solo che la cosa è un po’ più … diciamo … complicata, ecco.
Partiamo in tre, torniamo in quattro, e già qui è una bega che non si risolve on line. Aggiungiamo l’ulteriore quisquilia che del quarto passeggero non abbiamo neppure i documenti e completiamo il mazzo con il fatto che non sappiamo quando potremo tornare …
Per fortuna all’agenzia di viaggi “Le Balze” sono professionisti e alla fine abbiamo fatto presto e bene.

Sappiamo perfettamente che le “complicazioni nascoste” non sono solo queste e, proprio per la loro natura occulta, non sono neppure numerabili, quello che sappiamo e che le affronteremo e le supereremo sempre tutte. Per Samuél.

Con i botti!!!

Che dire, sono emozionata… grazie degli auguri! Grazie dei figli!

Tanti di quelli che mi hanno fatto gli auguri oggi mi hanno detto che il regalo più bello me lo sono fatta da sola, in realtà io penso di aver fatto proprio poco; il bello di questo regalo è che è proprio un dono, un dono realizzato dall’azione di tante persone che insieme sono il volto della Provvidenza.

è la seconda volta che la data del mio compleanno è legata all’adozione dei nostri figli, la prima volta avevo ricevuto la telefonata del riconoscimento dell’apta (idoneità) peruviana della prima domanda, che poi ha fatto arrivare Maria, adesso arriva il foglio che garantisce la nostra possibilità di partire la settimana prossima per incontrare Samuel. E per me che sono fissata di date e ricorrenze è proprio un bel segno legare insieme questi eventi con la stessa data.

In più Samuel ci è stato assegnato praticamente mentre noi eravamo a vedere i fuochi d’artificio per la fine del perdono… se questo è l’inizio direi che ci possiamo aspettare grandi cose, col botto!

… e allora aspettiamo …

Salve a tutti,

credo che si mi chiedessero quale sinonimo ha la parola adozione risponderei ASPETTA, nel senso proprio di attesa.

Qui si passa da un’attesa ad un’altra e adesso, con la foto di Samuel in mano e MaPi che di continuo mi chiede quando faremo la valigia, questa parola ha preso un sapore ancora diverso.

Non è il senso di indefinito che ha quando non sai quando ti chiameranno; non è nemmeno quel sottile senso di angoscia che avevo quando ci avevano abbinato Maria Pilar ed aspettavamo di partire; adesso l’attesa è proprio un senso di sospensione tra qui e Arequipa per cui mi muovo qui, faccio la spesa qui, pulisco casa qui, lavoro qui, ma intanto con la testa sono … ma non lo so neanche io dove sono!

Però ancora non ci hanno detto quando potremo partire, e allora … ASPETTIAMO!

Preparativi

Ciao a tutti e bentornati 🙂
Siamo in procinto di partire per questa nuova meravigliosa avventura che sarà : diventare i genitori di Samuél.
In questi giorni che ci separano dalla partenza per il Perù potreste sospettare che stiano fervendo i preparativi. Valigie su valigie, documenti, corse per i passaporti …

In realtà è calma piatta.

Dopo un primo momento di speranza ed emozione, ci siamo un attimo rilassati.
Sarà che il “secondo giro” ormai sa di veterano, o forse che abbiamo imparato ad aspettare, però questi giorni che ci separano dalla partenza non sono così concitati come me li figuravo.

Abbiamo accettato l’onore di essere i suoi genitori mercoledì 9, lo abbiamo visto in foto (non siate frettolosi, tra un po’ lo vedrete anche voi, è un minore, non è che si possono sparare le foto così su internet), ne abbiamo conosciuto la storia, abbiamo saputo come sta (benissimo) e dove abita (questo si, posso farvelo vedere)

Preparativi
Hogar

 

E’ in un orfanotrofio di Arequipa, un migliaio di chilometri a sud est di Lima, dove andremo non appena ce ne daranno la possibilità.
Attualmente si stanno muovendo alcune cose su più fronti : un nostro regalo, comprato su commissione, sta “viaggiando” verso di lui con un “biglietto” con su scritto ‘mamà, papà y Mapi’; a Lima la nostra referente Alejandra sta passando i documenti tra il ministero e l’orfanotrofio e viceversa; la nostra associazione sta dando il via ad un’altra serie di documenti che serviranno al nostro rientro in Italia … e noi?

E noi inganniamo l’attesa.

Cerchiamo pezzi del nuovo arredamento della cameretta, scegliamo le case dove soggiorneremo, studiamo piani di viaggio … insomma pazientiamo il più proficuamente possibile.
Nello stesso tempo meditiamo se è proprio vero che non c’è spazio per qualche scappatella … che so, magari a Machu Picchu …