Non chiamateci milf!

Marzo è il mese della festa della donna. I giornali e i telegiornali, ogni trasmissione e i blog ne parlano e si sbracciano nei soliti discorsi dei diritti delle donne. Ce n’è per tutti i gusti. Ciascuno scelga il taglio che preferisce dare alla ricorrenza.
Io, per quel che mi riguarda, in quanto donna (almeno per il momento, poi magari in futuro, se mi va, potrei anche cambiare sesso), avrei due paroline da dire, così, al volo, perché ho un nodo alla bocca dello stomaco da un po’ e mi va di guastare l’appetito anche a qualche benpensante-libertario-radical chic-fintofemminista.
E l’oggetto del mio disappunto (è un eufemismo, naturalmente) è il nuovo modernissimo acronimo M.I.L.F. (Mother I’d Like to Fuck) che tradotto in italiano suona volgarmente e brutalmente così: madre che mi vorrei scopare. In realtà il termine ha già 16 anni di età, non è più tanto fresco nemmeno lui, essendo nato nel film American Pie del ’99, dove veniva usato da due ragazzini in riferimento alla madre di un terzo.
Ora vi copio-incollo un paio di frasi prese da vari siti di comune consultazione, tanto per essere chiari sul senso dell’espressione e sul contesto nel quale è stata coniata:
“Se la milf ha un figlio maschio egli diventerà uno dei personaggi più riveriti e rispettati di tutta la sua compagnia e, se è almeno un filino furbo, diventerà ricchissimo vendendo foto e filmati di sua madre ignuda. Diverso il caso per una figlia femmina: […] La scoperta della verità, cioè che lei è meno appetibile di una che ha almeno il doppio dei suoi anni, le causerà una terrificante crisi di nervi.”
Per me, basta così, non so per voi.

Ora noi donne siamo vanitose e ci piacciono i complimenti: gli apprezzamenti, anche semplicemente estetici, sono sempre bene accetti, anzi, desiderati. Ma, per tutti i maschietti all’ascolto, vorrei lanciare un messaggio chiaro: milf non è un complimento.
Una donna matura, tra i quaranta e i cinquanta, si sa, è bellissima, sicura di sé, femminile come non mai, dolce e succosa come una pesca. Può anche capitare che gli anni le siano passati tra le mani senza che nemmeno se ne accorgesse e continua ad avere nel guardaroba quelle panta attillate che si metteva a vent’anni. Può anche capitare che le panta attillate se le metta apposta per far vedere in giro che gli anni saran pure passati, ma a casa sua non si son visti.

La vita di una donna è una roba complicata: il mondo chiede perfezione e bellezza, non perdona il capello bianco, la rughetta, il rotolino sulla pancia. E così, sotto il martellamento continuo, qualcuna ci casca (parecchie a dire il vero), e si tira a balestra con tutti i mezzi leciti e illeciti per scrollarsi di dosso qualche annetto.
Questo però toglie ogni dignità: come si può chiedere ad una madre e moglie di divorziare da se stessa al punto da rinnegare i suoi stessi anni e rincorrere l’irraggiungibile mito dell’eterna giovinezza? Dietro ogni ruga del volto c’è un’esperienza vissuta, ogni smagliatura è stato un chilo preso e poi perso, magari mentre si portava in grembo una vita. Queste difetti hanno un valore, che solo lo sguardo amante di un marito può comprendere, perché lui c’era lì accanto, mentre si formavano, e ne ha visto la genesi e il perché e il percome. Così il mio ombelico sparato verso l’esterno, ridicolo assai, è il risultato di una spaventosa pancia da prima gravidanza e quando indossavo quella maglietta XXL con il lupo disegnato davanti, l’ombelico puntava proprio sul naso del lupo e sembrava una stampa 3D e questa cosa ci fa ridere ancora adesso. O quella cicatrice sulla schiena si è formata quando ho sbattuto contro lo spigolo della finestra inavvertitamente aperta, durante i lavori di ristrutturazione. Potrei continuare per ore.

Il punto è che molte donne sono sole, non hanno accanto il marito di una vita, ma il compagno del momento. Non posso neanche immaginare quale immane fatica sia quella di dover ridefinire ogni proprio difetto o caratteristica ad ogni nuova relazione. Il bisogno di apprezzamento diventa così forte da spingere le donne a cercare approvazione ovunque, nello sguardo di ogni uomo, anche di quelli che proprio non sarebbe il caso di andare a stuzzicare, nemmeno col pensiero (come i compagni dei propri figli). Non assolvo le donne che si atteggiano da provocatrici, ma comprendo il motore del loro comportamento e vedo che c’è un’incomprensione di fondo: la donna dietro un complimento, magari anche volgare, vede ostinatamente sempre un gesto d’amore, ma l’uomo no. E’ un fraintendimento vecchio come il mondo, niente di nuovo sotto il sole. Ma millenni di umanità non sono sufficienti per illuminarci su questo punto, evidentemente. Non per niente certi estremismi impongono alla donna velo e/o burka, per eliminare ogni tentazione che la loro semplice vista può provocare. Perché lo sguardo di un uomo concupisce, quello di una donna ama.
Ma io ho grande fiducia nel genere maschile e a loro mi rivolgo di cuore: in ogni donna si nasconde una grande fragilità, che va rispettata, difesa, amata. Non date della milf a nessuno, per favore, ma aiutate le donne ad amare i propri difetti. Perché le rughe sulle guance sono l’impronta di tutti i sorrisi fatti e, in fondo, il bianco è un colore di moda per tutte le stagioni.

State molto attenti a non far piangere una donna: poi Dio conta le sue lacrime!
La donna è uscita dalla costola dell’uomo, non dai suoi piedi perché debba essere pestata, né dalla testa per essere superiore, ma dal fianco per essere uguale… un po’ più in basso del braccio per essere protetta e dal lato del cuore per essere amata.” (Talmud)

Trillian Written by:

Trillian è una giovane donna e una brillante astrofisica che Arthur Dent non riesce ad "abbordare" ad un party in un appartamento ad Islington. Arthur era sufficientemente certo che si trattasse di una giovane donna, ma all'epoca era totalmente ignaro delle sue nozioni accademiche. Trillian da l'impressione di essere timida e titubante e le fa piacere che chi le sta intorno lo creda, ma in fondo ha un profondo desiderio di fare qualcosa che salvi la galassia.

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