Chi ha mamma non pianga

A che servono tutte le carte costituzionali, le convenzioni dei diritti, i tribunali internazionali, se poi basta un’ideologia a rendere tutto carta straccia e a farci snobbare sentenze il cui unico difetto è quello di non essere ‘al passo con i tempi’?

E’ davvero possibile che il mondo nel quale sono cresciuti i miei genitori, quelli che mi hanno educato, che mi hanno sì fatto istruire dalla scuola pubblica, ma mi hanno educato a certi valori, sia già un mondo vecchio? Possibile che quei valori non siano più applicabili all’umanità di oggi?

E’ possibile che quello che è parso biologicamente e socialmente vero nel primo e nel secondo dopoguerra, alla luce delle atrocità commesse nei conflitti, adesso sia passato di moda, sia superato da una nuova ed illuminata visione antropologica dell’uomo?

Quanto sono diversi i bambini appena nati nel 1924 rispetto a quelli nati nel 2015? Stiamo parlando dei nostri nonni, al massimo dei nostri bisnonni. Abbiamo le loro foto, le loro lettere, i loro quaderni di scuola. Per loro, la Società Delle Nazioni Unite, dopo il primo conflitto mondiale, stabilì che:

Principio sesto – il fanciullo, per lo sviluppo armonioso della sua personalità ha bisogno di amore e di comprensione. Egli deve, per quanto è possibile, crescere sotto le cure e la responsabilità dei genitori e, in ogni caso, in atmosfera d’affetto e di sicurezza materiale e morale. Salvo circostanze eccezionali, il bambino in tenera età non deve essere separato dalla madre. La società e i poteri pubblici hanno il dovere di aver cura particolare dei fanciulli senza famiglia o di quelli che non hanno sufficienti mezzi di sussistenza. È desiderabile che alle famiglie numerose siano concessi sussidi statali o altre provvidenze per il mantenimento dei figliuoli.

Questo è solo il sesto dei dieci principi della Dichiarazione di Ginevra dei diritti del fanciullo, ma questo in particolare mi interessa per capire come mai, per mio nonno, sarebbe stato importante essere cresciuto con la madre, mentre oggi sembra naturalmente accettabile escluderne l’esistenza fin dal taglio del cordone ombelicale.

Ci sono poi altre carte, ratificate da molti paesi, che sottolineano i diritti dei bambini ad essere tutelati nella loro origine, nella loro famiglia. Si sancisce addirittura il diritto di ogni bambino ad essere cresciuto e cullato dall’affetto della famiglia e dei parenti:

Art. 7 – Il fanciullo è registrato immediatamente al momento della sua nascita e da allora ha diritto a un nome, ad acquisire una cittadinanza e, nella misura del possibile, a conoscere i suoi genitori e a essere allevato da essi.
Gli Stati parti vigilano affinché questi diritti siano attuati in conformità con la loro legislazione nazionale e con gli obblighi che sono imposti loro dagli strumenti internazionali applicabili in materia, in particolare nei casi in cui se ciò non fosse fatto, il fanciullo verrebbe a trovarsi apolide.

Art. 8 – Gli Stati parti si impegnano a rispettare il diritto del fanciullo a preservare la propria identità, ivi compresa la sua nazionalità, il suo nome e le sue relazioni familiari, cosi come riconosciute dalla legge, senza ingerenze illegali.
Se un fanciullo è illegalmente privato degli elementi costitutivi della sua identità o di alcuni di essi, gli Stati parti devono concedergli adeguata assistenza e protezione affinché la sua identità sia ristabilita il più rapidamente possibile.

Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia, NY 1989

Lo dico perché nel ddl Cirinnà è espressamente specificato che nella step child adoption, ossia l’adozione dei figli dell’altro membro della coppia, non entrano in gioco i parenti di chi adotta. Difficile capire? Deve essere per colpa della innaturalità della cosa, cerco di spiegare: quelli che diventerebbero nonni e zii non lo diventano; se non in una nebulosa relazione affettiva all’italiana che poi tutto permette in nome “der pupo”.

Vorrei farvi notare, che quella frase sottolineata “nella misura del possibile” non significa che possiamo infischiarcene se non ne abbiamo voglia, non significa che se è domenica e c’è un ufficio chiuso non si fa nulla. Significa che l’applicazione dell’articolo deve essere agevolata dalle amministrazioni e dai governi. Che non si devono creare ostacoli alle eventuali ricerche dei parenti o al recupero delle informazioni e soprattutto che non si deve stabilire, né per sentenza giudiziaria né tanto meno per legge, che ad un bambino vengano negate le proprie origini, soprattutto a favore di adulti che possono fare a meno di un bimbo molto meglio di quanto un bimbo possa fare a meno della propria madre.

A ben guardare, tutto questo, non ha solo a che fare con l’utero in affitto, ma ha a che fare con ogni tipo di manipolazione del concepimento che contempli la partecipazione di soggetti terzi ai genitori: donatori di sperma, di ovuli, d’utero. Che poi donatori è una parola grossa, tutti partecipano al ricco e opulento banchetto dei “rimborsi spese”.

Quello che voglio dire è che, senza andare a scomodare l’ultima nefanda moda dell’utero in affitto, deprecata sulla carta anche dall’Italia, anche la fecondazione eterologa intacca profondamente i diritti dei bambini. Questi diritti erano stati messi in rilievo e accolti dalla Convenzio­ne per la tutela dei bambini e la cooperazione nell’adozione internazionale, detta Convenzione dell’Aja sulle adozioni, che negli anni successivi è stata ratificata da moltissimi paesi, sopratutto quelli europei.

Infatti è curioso come l’articolo 30 di questa convenzione reciti:

1 – Le competenti Autorità dello Stato con­traente devono assicurare la conservazione di ogni informazione disponibile sull’origine del bambino e, in particolare, sull’identità dei suoi genitori e sull’anamnesi sanitaria.

2 – Le competenti Autorità dello Stato con­traente devono assecondare con l’opportuna assistenza e guida, l’accesso dell’adottato o del suo rappresentante legale a tali informazioni nei limiti consentiti dalla legge dello Stato interessa­to.

Mentre è prassi consolidata secretare ogni informazione sui donatori in caso di fecondazione artificiale eterologa, salvo poi fare scempio del bisogno di ogni bambino che sa di non essere geneticamente figlio di chi l’ha educato e cresciuto, con reality show di dubbio gusto e senza moralità.

Come ultima riflessione, sempre attingendo a questa convenzione, negli anni ’90, l’Europa annuiva, tronfia e pomposa come solo l’Europa può essere, all’articolo 4:

Nei limiti delle disposizioni della presente convenzione, l’adozione deve essere realizzata unicamente nel caso in cui le autorità compe­tenti dello Stato di origine:

a) abbiano dichiarato lo stato di adottabilità del bambino;
b) siano arrivate alla conclusione che l’ado­zione internazionale realizzi il miglior interesse del bambino solo dopo aver preso in esame le possibilità di sistemazione alternative nello Stato di origine;
c) abbiano accertato che:

1) le persone, le istituzioni e le autorità, il cui consenso sia necessario ai fini dell’adozione, abbiano usufruito di una adeguata consulenza e siano state debitamente informate degli effetti che il consenso produrrà e, in particolare, se l’adozione comporterà o meno la cessazione del rapporto di parentela giuridico tra il bambino e la sua famiglia di origine;
2) le suddette persone, istituzioni ed autori­tà abbiano dato liberamente il proprio consenso, nella forma prescritta dalla legge, e lo abbiano espresso o attestato per iscritto;
3) i consensi non siano stati indotti da pa­gamenti o compensi di alcun tipo e nemmeno siano stati revocati, e
4) il consenso della madre, qualora sia ri­chiesto, sia stato dato solo dopo la nascita del bambino; e

d) tenuto conto della età e del grado di maturi­tà del bambino, abbiano confermato che:

1) qualora il suo consenso sia richiesto, il bambino abbia usufruito di una adeguata con­sulenza e sia stato debitamente informato degli effetti che l’adozione e il consenso produrranno,
2) sono stati presi in considerazione i desi­deri e le opinioni espresse dal bambino,
3) qualora il consenso del bambino alla sua adozione sia richiesto, questo sia stato dato li­beramente nella forma prescritta dalla legge e sia stato espresso o attestato per iscritto, e

4) il suddetto consenso non sia stato indot­to da pagamenti o compensi di alcun tipo.

E’ facile, seguendo il grassetto, individuare una linea di principio che è l’esatto opposto di quella che conduce all’utero in affitto. Inoltre, se teniamo di conto di quello che è la capacità di espressione di un neonato, la sua manifesta e pervicace intenzione di attaccarsi al seno della madre è di certo una dichiarazione di opinione, espressa nella forma non verbale consentita dalla sua maturità.

Ecco come siamo messi. Abbiamo passato anni e anni a pontificare e a gettare fiumi di inchiostro su carte che le nostre corti supreme e i nostri tribunali dei diritti (vari ed eventuali) neanche leggono più. Forse neanche sanno che esistono, ma forse, più tristemente, le conoscono e le ignorano per le più oscure ragioni.

Intanto nonostante che la verità venga distorta dai parlamenti e che i fondamentali vengano ignorati dalle corti, la natura procede per il suo corso e si manifesta prepotentemente, lanciandoci i primi segnali che stiamo andando nella direzione sbagliata.

In Puglia, il 22 giugno 1989, Lorena e Antonella nascono e vengono scambiate in culla, 26 anni dopo l’esame del DNA finalmente dà loro ragione della sensazione di non essere al posto giusto. Sensazione che hanno percepito per tutta la vita. Una è uscita di casa appena compiuto i 18 anni mentre l’altra è finita addirittura in affido per ragioni di indigenza, ed ha sempre sentito un legame più forte con la famiglia affidataria piuttosto che con la sua.

Coincidenze? Forse. Casualità? Chissà. Di certo c’è che durante tutto il periodo della gravidanza, i corsi preparto puntano sulla relazione dei genitori con il bimbo che nascerà, in modo che possa familiarizzare con la voce del padre e con le carezze della madre. Inoltre è ormai noto a tutti che l’odore è la prima pista che aiuta il neonato a riconoscere la madre e che inebria i genitori.

Immaginate di essere neonati. Di non poter fare altro che agitarvi e piangere. Di avere un solo riferimento olfattivo e saper distinguere a malapena due suoni come familiari.

Immaginate di essere sbattuti su un ventre con un odore sconosciuto, di succhiare un latte che non vi piace e di sentire solo lingue straniere e timbri sconosciuti.

Non è difficile immaginare come a Lorena e Antonella, nonostante il loro essere femmine, siano iniziate a girare le palle, da subito.

Marvin Written by:

Marvin è un androide a bordo della nave spaziale Cuore d'Oro. Costruito dalla Società Cibernetica Sirio come un prototipo di robot CPV (Caratteristiche da Persona Vera), è costantemente depresso. La sua mente "è troppo vasta per essere riempita da qualsiasi occupazione" e passa il tempo a lamentarsi della vita irritando tutti i membri dell'equipaggio o costringendo al suicidio i computer delle navi spaziali. Memorabile "tagline": Ho il cervello grande come un pianeta e mi fanno unicamente raccogliere un pezzo di carta.

One Comment

  1. 20 Febbraio 2016
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    […] sono uguali a quelli di tutti i bambini, fino a che non scoprono cosa è stato sottratto loro (come Juanita). Privarli per legge ancora una volta di mamma o babbo è […]

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