Scusate il disagio

Durante una conferenza sulla famiglia, alla quale ho assistito, ad un certo punto una relatrice ha portato l’esempio di un caso di cronaca che mi ha messo a disagio. E’ una cosa anche abbastanza datata e probabilmente non è neppure il primo caso al mondo, ma non ne ero a conoscenza, mi ha colpito così tanto che ho voluto approfondire e quindi mi sono letto un po’ di notizie.

La questione è piuttosto banalotta, un uomo e una donna, una gravidanza, un errore medico, una figlia nata con la sindrome di Down. La causa al medico, che nei primi due gradi di giudizio vince, ma che viene condannato in cassazione, e risarcisce tutti e 5 i componenti della famiglia, madre, padre e i tre fratelli (compresa la bimba malata).

Inizialmente non avevo capito di cosa si trattasse, sul momento pensavo che ci fosse stato un errore medico durante il parto o dopo. Non pensavo che il problema fosse la malattia stessa, ma poi la relatrice, con le lacrime agli occhi, ha ribadito il concetto. E lì davvero ho sentito le viscere contorcersi.

La madre, alla terza gravidanza, aveva espressamente manifestato il desiderio di sopprimere la vita nascente, se questa fosse stata imperfetta, adducendo delle banalità inaccettabili quali la mancanza di tempo, i costi di gestione di un bimbo malato e altre baggianate. Il dottore non le ha prescritto di fare esami diagnostici, perché probabilmente quelli statistici non avevano evidenziato criticità. Quando però alla nascita, la bambina si è rivelata essere affetta dalla trisomia 21, il rigetto per quella vita è stato esplicitato in una causa che ha visto i tre casi di giudizio attraversare, come una lancia attraversa il petto, 16 anni della sua vita.

Tre anni fa, la cassazione ha ritenuto giusto che il Sistema Sanitario Nazionale, fornisse un risarcimento milionario a tutta la famiglia, compresa la ragazza che, per l’accusa, non sarebbe dovuta nascere.
Tralasciando il linguaggio forense, la sentenza stabilisce che siccome questa vita è un danno, la stessa esistenza è causa di disagio allora si necessita di un risarcimento.
Purtroppo non è finita qui, leggendo tra le righe, si può trovare, nell’estensione del risarcimento anche alla bambina stessa, la controversa e contorta decisione di risarcire del danno lo stesso soggetto dannoso.

Ora devo essere sincero, capisco che sia difficile comprendere quello che cerco di spiegare, ed il motivo per cui questa cosa è difficile non è perché io non sia capace di spiegarla, ma perché non esistono parole, né concetti con i quali produrre esempi, capaci di descrivere pienamente l’aberrazione partorita con questa sentenza.

Ci si trova di fronte ad una situazione perdente sotto ogni punto di vista: la famiglia, il luogo dove se uno vince, tutti vincono, ma se uno perde, tutti perdono, è stata utilizzata come cavia per per un conflitto interno, perpetrando, come aggravante, un abuso su un minore disabile.

Ci sono regole di guerra, magari non scritte, molto più umane. Codici che tengono molto più in considerazione i bambini e i disabili di quanto non sia stato fatto dai genitori e dai giudici protagonisti di questa schifezza delle schifezze.

Ho cercato, dentro e fuori di me, delle possibili giustificazioni. Ho voluto ipotizzare i più svariati scenari, ma tutto quello che sono riuscito a trovare è stato solo la sconfitta dell’uomo e della famiglia, che in questa situazione si sono dimostrati capaci di sfruttare nel peggiore dei modi le proprie capacità.

Leggendo vari forum sui quali scrivono genitori di bambini down, ho letto molta amarezza, sbigottimento, compassione. Ho trovato un po’ di frustrazione e indignazione. Raramente ho letto rabbia. Neanche una volta ho letto né approvazione, né desiderio che anche il loro disagio fosse monetizzato.

La preoccupazione più ricorrente era per come avesse reagito la bimba, si auguravano che fosse stata protetta dall’idea di essere (come la sentenza sentenzia) un reale problema per la gestione della famiglia. Che non si sentisse un sottoprodotto difettato, del quale, non potendo godere del diritto di recesso o della sostituzione, almeno si è avuto il rimborso senza restituzione.
In particolare mi ha colpito un commento di una mamma preoccupata per il proprio figlio, anch’egli down, che aveva sentito la notizia al telegiornale e vi si era immedesimato; probabilmente anche impaurito.

Possibile che non si capisca che certe decisioni, certe sentenze, diventano realtà? Si innescano processi mediatici, che poi si riverberano sulla società, dei quali non si può prevedere il percorso né la destinazione. Le sentenze creano casi, i casi fanno opinione, le opinioni diventano leggi e le leggi fanno la realtà. Se si parte da sentenze sbagliate, si arrivano a produrre realtà infernali. Non si conoscono gli effetti a lungo termine di decisioni che aprono voragini di questo tipo nel cuore delle persone.

Sono voragini di panico e sofferenza, quelle nel cuore di due genitori capaci di affrontare un percorso di questo tipo e insistere e insistere. Sono voragini di tristezza e rassegnazione quelle che si aprono nei cuori di chi ama i propri figli malati, magari con fatica, ma li ama. Sono voragini di disperazione e paura quelle che si aprono nei cuori dei bambini malati, che capiscono che una parte di mondo li considera scarti che sarebbe meglio non produrre.

Come si può chiamare giustizia? Ma lo sanno questi due genitori e questi giudici che ci sono persone che accettano ogni giorno, senza batter ciglio, la vita con i propri figli in difficoltà? Ma lo sanno questi due genitori e questi giudici che ci sono famiglie che accolgono in affido o in adozione, bambini con difficoltà anche più gravi? A queste famiglie coraggiose, a chi non sbraita, smanaccando come una piovra epilettica, cosa vogliamo regalare? Solo strette di mano e calci in culo?

Vorrei che si ritrovasse una dimensione umana della legalità e della giustizia, vorrei che a certe persone venisse detto che c’è un modo dignitoso di soffrire, che allevia la sofferenza stessa, che venisse fatto loro capire che quello che hanno fatto è immorale, ingiusto, violento. Vorrei abbracciare quella bambina, nel momento in cui dovesse aver percepito di quale orribile strumentalizzazione era stata fatta oggetto la sua esistenza.

Credo infatti che di questa bambina sia stato fatto un gravissimo abuso. Il fatto che comunemente le persone down siano interessate da una disabilità intellettiva lieve o moderata, le rende più suscettibili ai raggiri da parte dei malintenzionati senza scrupoli; se a questo si aggiunge anche  che chi ti usa sono le persone che più ami al mondo e che ti dovrebbero proteggere, allora siamo di fronte davvero a qualcosa che non riesco a descrivere perché il mio dizionario di parolacce è decisamente troppo beneducato.

Mediamente nel mondo, il 95% dei bambini down non nasce più, muore nel ventre materno, la giustizia ignora chi li ama e accudisce, ma premia chi, a patto di essere risarcito, li disdegna e li sopporta.

… ci deve essere qualcosa che non funziona più …

Pubblicato su La Croce del 26 maggio 2015

Marvin Written by:

Marvin è un androide a bordo della nave spaziale Cuore d'Oro. Costruito dalla Società Cibernetica Sirio come un prototipo di robot CPV (Caratteristiche da Persona Vera), è costantemente depresso. La sua mente "è troppo vasta per essere riempita da qualsiasi occupazione" e passa il tempo a lamentarsi della vita irritando tutti i membri dell'equipaggio o costringendo al suicidio i computer delle navi spaziali. Memorabile "tagline": Ho il cervello grande come un pianeta e mi fanno unicamente raccogliere un pezzo di carta.

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