La guerra dei sessi

La tanto millantata pace tra i sessi si rivela sempre poco meno di una tregua: si può però lavorare a costruire l’armonia nella differenza

Viviamo tempi rapidi e difficili, dove il relativismo ci sta togliendo la terra sotto i piedi, con una velocità sorprendente, e così si trovano a condividere il pianerottolo generazioni di persone cresciute in modi completamente diversi, tanto da stentare a riconoscersi abitanti dello stesso pianeta.

Io sono cresciuta in una casa dove il maschilismo era la regola, ereditato dai nonni. L’unico modo per rapportarsi alla società era quello di attenersi alle indicazioni del mezzo mondo maschile, cosa fosse conveniente o no lo decidevano loro, direttamente o indirettamente. La persona più maschilista che io abbia mai conosciuto era mia madre: due figlie femmine e un figlio maschio, il re di casa, soggetto a regole (anzi, non-regole) completamente diverse dalle nostre, privilegiato, coccolato, e non solo perché era il più piccolo.
La conseguenza di questa educazione completamente di parte è stata che mia sorella ed io siamo uscite di casa a velocità supersonica, sposandoci il prima possibile e mio fratello tutt’ora fa il vitellone a casa, con morosa da week-end, curato e riverito come quando era un bambino. Io ho tre figli, mia sorella quattro, lui nessuna voglia di impegnarsi in una relazione in cui giocarsi il futuro. Sarà un caso, non so. Magari sono solo coincidenze.
Adesso, guardacaso la sorte, pure io mi ritrovo con due figlie femmine e il piccolo che è un maschio e mi pongo delle domande serie sui metodi educativi: i tempi sono cambiati, per fortuna, e il primato maschile nel mondo non è più dato tanto per assodato, ma siamo lontani anni luce dalla tanto auspicata parità dei sessi. Infatti io sono e resto profondamente femminista, cioè convinta che le donne debbano rivendicare diritti che non si vedono riconosciuti, ma questi diritti non sono legislativi, bensì culturali ed è davvero dura farsi strada.

La donna è oggi una merce, un oggetto da copertina patinata, un mezzo per fare marketing e audiance, svestita e ammutolita. Le poche donne parlanti che si vedono sui media sono aberranti: una su tutte, quell’arpia della Cirinnà, con foto profilo twitter abbracciata ad un cane, che poi propone leggi mostruose tipo la regolamentazione della prostituzione e le unioni civili con annessa strepchild adoption, che sono due delitti contro la donna dei più odiosi, colpendola nella sua intimità profonda e nella sua dignità.
Oppure si vedono giornaliste odiose, aggressive e senza argomenti, o politiche in minigonna che fanno l’occhiolino al premier e salutano la telecamera con la manina smaltata di fresco. Non è questa la parità che auspico io.

Partiamo dalla base: gli uomini e le donne NON sono uguali (a differenza di quanto canticchiato da Cremonini in una famosa canzone). Non sono uguali in niente: nel corpo e nel pensiero, nel modo di interpretare un evento, di vivere una relazione, di reagire in una situazione; nelle dosi di vitamine giornaliere necessarie, nell’equilibrio ormonale, nelle malattie a cui sono soggetti. In niente. Lo vogliamo riconoscere, una buona volta? E dunque, per favore, basta proiettarci gli uni sulle altre! Basta prevaricarci nell’incomprensione, basta assolutizzare un punto di vista sull’altro! La base del rispetto reciproco deve essere la consapevolezza, profonda e sentita, non detta solo a fior di labbra, che questa differenza esiste, radicata, imperscrutabile, incolmabile, e che l’altra metà del cielo è tutt’altro da noi, in un modo che non possiamo liquidare con stereotipi e frasi fatte.

Che mondo schizofrenico e assurdo che ci tocca vivere! Da una parte, abbiamo uomini invitati a comportarsi come mammi, uomini con le sopracciglia ritoccate, depilati, sollecitati ad essere teneri e delicati, come donne; dall’altra abbiamo donne che credono di emanciparsi imitando dell’uomo le caratteristiche meno nobili, come l’aggressività e l’egoismo. Nel mezzo, pregiudizi e stereotipi come se piovesse, per cui l’uomo col calendario Pirelli con le donne nude non fa scandalo, ma un mezzo busto di uomo postato su facebook da una donna è disdicevole. Vivono a fianco, negli stessi uffici o sulle stesse bacheche social, persone giovani impregnate di relativismo, per cui l’unica cosa che conta è come mi sento io, e persone di altri tempi (più educativi, che anagrafici) che continuano a scandalizzarsi per nonnulla e a sparare giudizi a raffica su semplici apparenze. Con il risultato che siamo invitati a fare come ci pare e nessuno ci avverte che questo ci procurerà grossissimi guai, perché tutti ci sentiamo pronti ad esternare liberamente quello che pensiamo, ma non siamo per niente pronti ad accogliere le esternazioni degli altri.
Tra uomini e donne si sta aprendo una voragine, alimentata dall’allontanamento progressivo e assai rapido dalla verità oggettiva delle nostre essenze. Non siamo più aderenti alla realtà della nostra natura, arroccati su posizioni stereotipate nel liberismo assoluto o nel tradizionalismo estremo.

La lezione ideale di educazione sessuale che sogno a scuola io per i miei figli è quella in cui si analizza un problema tipo e la sua soluzione dai due punti di vista, maschile e femminile, esplicitando i meccanismi mentali ed emotivi che entrano in gioco: così i ragazzi scoprirebbero che le donne vanno nel panico per cose sciocchissime, ma di fronte a situazioni di pericolo vero e grave sanno essere eroiche, fredde e lucide; le ragazze imparerebbero che gli uomini sono egoisti d’istinto, ma sanno sacrificarsi fino al dono totale di sé se tengono davvero a qualcuno o qualcosa. Pregi e difetti, qualità e punti deboli, giudizi e pregiudizi, per agire e parlare nel rispetto dell’altro, per non provocare inutilmente e non etichettare facilmente. Insomma, la famosa mediazione sulla lunghezza della minigonna.

Sembrano discorsi un po’ fumosi, ma attenzione, che su questa mediazione culturale si differenziano le culture e si scontrano le civiltà: nei paesi orientali, dove l’Islam è la religione predominante, la donna deve essere coperta, in pubblico, per non suscitare nell’uomo alcun desidero, ergo il punto di equilibrio stabilito è tutto a favore dell’uomo, conta solo il suo pensiero e non quello della donna. Nella laicissima ed emancipatissima Svezia, persino le saune e le piscine hanno gli spogliatoi in comune, la nudità promiscua non ha un valore sessuale, salvo poi avere statistiche assai preoccupanti sulla violenza sulle donne, come a dire che l’uguaglianza è più scimmiottata che sentita e l’uomo subisce questa emancipazione femminile a fatica.
Credo che si possa trovare un punto di equilibrio intermedio, tra la sensibilità dell’altro sesso e la libertà di esprimersi con atteggiamenti e parole. Non siamo liberi di fare e dire tutto quello che ci pare, è necessario tenere conto del pensiero altrui. Certo la assoluta falsità dell’uguaglianza tra i sessi rende questo processo di equilibrio molto difficile ed impervio, realizzabile al massimo nel privato, punto per punto, senza il supporto e l’aiuto culturale dell’ambiente circostante. Insomma, una grande occasione perduta.
Sono certa che l’uomo e la donna siano fatti per costruire tra loro un’alleanza, non una guerra, come accade in ogni famiglia che funziona e come dovrebbe accadere nella società.

Da vera femminista moderna, pretendo rispetto soprattutto per il mio modo di pensare, da donna, ma sono anche disposta a portare rispetto per l’uomo e il suo mondo emotivo e mentale, così lontano dal mio. A patto che l’altra metà del cielo sia disposta a svelarlo: parlami e capirò; ascoltami e capirai. E sarà armonia.

Trillian Written by:

Trillian è una giovane donna e una brillante astrofisica che Arthur Dent non riesce ad "abbordare" ad un party in un appartamento ad Islington. Arthur era sufficientemente certo che si trattasse di una giovane donna, ma all'epoca era totalmente ignaro delle sue nozioni accademiche. Trillian da l'impressione di essere timida e titubante e le fa piacere che chi le sta intorno lo creda, ma in fondo ha un profondo desiderio di fare qualcosa che salvi la galassia.

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