¡Webguerrilla!

La guerrilla è cosa nota. E’ tipica di alcune situazioni di conflitto in cui si generano delle disparità nelle forze in campo e una fazione, in netta minoranza e normalmente meno organizzata, si dedica ad azioni di disturbo su obiettivi minori. Magari strategicamente insignificanti, ma che minano decisamente l’umore del nemico, che non si sente al sicuro mai, neppure nelle retrovie, neppure nei luoghi dove ormai l’avversario sembrava debellato.

Il combattimento in questione è sempre di tipo lampo, senza uno schema predefinito, cosa che è decisamente un vantaggio in quanto costringe chi la subisce a tenere sempre il livello di attenzione massimo, con conseguente dispendio di energie e risorse.

Questo modo di combattere ha sicuramente origini lontanissime, è una conformazione automatica di resistenza ad un invasore in luoghi dove l’esercito sia disperso, quindi è difficile dire chi l’abbia usata per la prima volta. Il nome però glielo ha dato il cardinale Richelieu: per definire il modo di combattere di alcuni soldati spagnoli schierati contro i francesi e svizzeri. (Wiki)

Potrei fare decine di esempi di guerriglia e non saprei dire se è possibile stabilire se questo modo di combattere si possa associare automaticamente ai buoni o ai cattivi. Fermo restando che la radice, cioè la guerra, è sempre un male assoluto, ci sono stati esempi di guerriglia che hanno vinto o perso, che hanno sostenuto tesi condivisibili o meno, ma anche quì sarebbe un atto arbitrario schierarsi o dare giudizi.

Ci sono vittorie ottenute come quella della guerriglia talebana, in Afghanistan, che non hanno certo prodotto qualcosa di buono, dal 1996 al 2001. Per fare un esempio, la condizione della donna è peggiorata drasticamente.

Altre volte invece la guerriglia ha portato libertà e benessere, magari è stata anche aiutata, sì, ma di certo ha vinto. Voglio pensare alle lotte partigiane, avvenute in stile gurrigliero, che la storia ha poi chiamato guerra asimmetrica.

L’elenco è lunghissimo e non ha alcun senso stare a dire quali siano le differenze tra una battaglia ed un’altra, tra un ideale giusto e uno sbagliato, sarebbero come ho detto scelte arbitrarie ed opinabili. L’unica cosa che è trasversalmente vera è che i combattenti si giocavano il tutto per tutto. Mettevano la loro vita in ballo per l’azione che volevano portare a compimento.

Chi non rischiava, stava a casa, nascosto magari. Nel buio delle sue paure, senza idee da difendere o almeno senza idee che valesse la pena difendere. Perché se hai un idea e la ritieni valida, abbastanza importante da non sopportare che te la calpestino, allora la vuoi proteggere, la vuoi raccontare, la vuoi condividere e vuoi fare in modo che ti sia dato il diritto di esporla, come a qualificare la tua esistenza.

Ma il titolo di questo articolo non è guerrilla, è webguerrilla, per di più enfatizzato, esclamato, come a voler indicare un pericolo. In effetti negli ultimi giorni ho notato che l’unione di una particolare tecnologia con un idea sbagliata è (di nuovo) origine di una corrente pensiero che poi diventa operativa e genera mostri.

Non è più il sonno della ragione a generare mostri, no. Sono convinto che se la ragione dormisse e basta non ce ne sarebbero così tanti in giro. Il problema è che si sono svegliati gli imbecilli. Tutti quelli che in caso di guerra starebbero tappati nelle botti di olive delle cantine greche, tutti quelli che fino a ieri: “ue figa, ma hai visto i diari della motocicletta?!?“, oggi sono sul web.

Dramma.

Dramma perché ci sono anche io e rischio di essere confuso con qualcuno di loro, o meglio, c’è chi prova a confondermi con qualcuno di loro.

Solo che c’è una componente che sembra non venir presa in considerazione. Quando io faccio la mia guerriglia, io ci metto la faccia. Io ci metto l’anima. Io porto la mia vita e la mia esistenza in gioco. La maggior parte delle persone con cui invece mi confronto no. Si dotano di trittici nomi, altisonanti e bislacchi, quasi a sottoscrivere moderne teorie lombrosiane per cui alcuni tratti visibili accomunano alcuni comportamenti (o viceversa).

Allora vedete che la differenza, tra chi magari pur seduto nella comodità della sua abitazione, il sabato mattina, scrivendo ci mette la faccia e coloro che si affannano a crearsi sempre nuove identità per nascondersi e compiere le loro scempiaggini on line, è notevole.

Negli ultimi tempi, noto un crescendo di azioni volte a ridicolizzare, traviare e storpiare i messaggi chiari che vengono lanciati dai cattolici, primi fra tutti i messaggi di Papa Francesco, e nella maggior parte dei casi tutto ciò è riconducibile solo ad un profilo anonimo, ad una intervista anonima, ad un articolo anonimo. Sempre roba che si perde nei re-tweet, nei re-blog e nei condividi in un mondo che non ha più voglia di prendersi le responsabilità di quello che dice.

Compiere un’azione che non costa fatica, per giunta nascondendosi, è l’atto nichilista per eccellenza. Vuoto di significato, vuoto di impegno, vuoto di riferimenti. Vuoto. Il diritto di sapere da chi si stanno ricevendo tali invettive dovrebbe essere inserito nella dichiarazione universale dei diritti umani. L’anonimato dovrebbe essere vietato.

Ho detto.

Pensiero Profondo Written by:

Pensiero Profondo è un calcolatore gigantesco programmato da una razza di esseri superintelligenti e pandimensionali per trovare "la risposta alla domanda fondamentale sulla vita, l'universo e tutto quanto". Dopo sette milioni e mezzo di anni di elaborazioni, Pensiero Profondo fornisce la Risposta alla Domanda fondamentale. La risposta è 42, argomentando come segue: "42", in realtà, è una risposta buona quanto un'altra. Il vero problema è: qual è la Domanda fondamentale? Nessuno, infatti, si è preso la briga di fare al megacomputer la Domanda giusta...

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