I genitori so’ piezz’e core

Tutto è bene quel che finisce bene, si dice di solito, ma stavolta forse non è finito proprio niente. A Catania una ragazzina di 13 anni scompare e ricompare poche ore dopo, un finale che fa tirare un sospiro di sollievo a tutti, visto i fatti di cronaca che si susseguono, sempre più frequenti che vedono i minori vittime di violenze, abusi e talvolta anche di efferati delitti.

Ma basta andare oltre ai titoli per scoprire che la vicenda non è né finita né tanto meno bene. Marika, la ragazzina di Catania, si era allontanata volontariamente dal luogo dove i genitori adottivi la aspettavano, per andare a trovare i genitori naturali dei quali ha dichiarato di avere nostalgia.
Si apre, davanti agli occhi del lettore, una condizione piuttosto complicata fatta di famiglie problematiche, servizi sociali, potestà genitoriali tolte (ricordiamo che non si chiama più patria potestà) e adozione.

Probabilmente, conoscendo i tempi dilatati della giustizia italiana, regola a cui i tribunali dei minori non fanno eccezione, ci possiamo solo immaginare il travaglio dell'infanzia di Marika e non sarebbe corretto esprimere alcun giudizio sui protagonisti.
Una ragazzina di 13 anni che da 4 è stata adottata, in Italia, può solo farci pensare che i problemi relazionali (non ci è dato di sapere se si parla di violenze o di semplici incompatibilità dei genitori con la bimba) siano stati tanti e tali da preferire per lei l'allontanamento dalla famiglia naturale, affinché lei potesse trovare accoglienza in una famiglia dove potesse ripiantare radici solide e crescere sana.

A mio avviso la scelta dei giudici è stata una scelta coraggiosa, molto coraggiosa, ed è difficile se non impossibile stabilire se sia stata anche quella in assoluto più giusta.

Di certo il legame con la famiglia di origine, per una bimba di quell'età, è e sarà qualcosa di impossibile da sostituire, nonostante tutto l'amore della nuova famiglia. Non si tratta solo del legame con i genitori naturali, ma anche quello con nonni, zii, amici di famiglia che a volte sono più intimi di molti parenti prossimi. Tutto ciò deve essere tenuto in considerazione, vista l'età del minore, e per questo, molto probabilmente, l'adozione è stata concessa ad una coppia residente a Catania, così vicino a Paternò, luogo dove abita la famiglia di origine.

Probabilmente in questo caso il giudice che ha sentenziato l'adozione, ha tenuto conto del principio per cui si deve cercare di preservare il legame con le origini, come scritto in modo implicito nella convenzione internazionale dei diritti del fanciullo, ma inequivocabilmente ed esplicitamente nella convenzione dell'AJA sulle adozioni e nella legge che in Italia le regola, la 184/83.
Nella condizione di Marika, evidentemente, tali legami con la sua famiglia erano ormai così ampi e consolidati che non sarebbe stato nel suo interesse scinderli con un trasferimento lontano, in un'altra provincia o in un'altra regione.

Ma cosa succede adesso? Marika è rientrata in contatto con la famiglia di origine, a 14 anni un'adolescente può comodamente spostarsi per 30km con i mezzi o privatamente senza paura e anzi, con il coraggio animato dalla speranza di rivedere mamma e papà, i primi che per lei sono stati tali, qualcuno ne può percorrere anche dieci volte tanto. E ora?

Ora parte la strumentalizzazione di una vicenda più comune di quanto si creda, ma che ha raggiunto gli onori delle prime pagine di tutti i giornali solo perché all'inizio sembrava un “semplice” fatto di cronaca che vedeva un minore scomparso.
Il tribunale di Milano ha già fatto sapere in una nota che è ora di mettere mano (di nuovo) alla legge sulle adozioni e modificarla in modo da contemplare la più moderna e versatile, così dicono, “adozione aperta”.

Una sorta di adozione a famiglie multiple nella quale i ruoli genitoriali si confondono e si mischiano tra coppie di origine (quando sono ancora coppie) e coppie adottive (se saranno ancora coppie). Una soluzione che, sempre secondo il parere dei giudici di Milano servirebbe, urgente e necessaria, a risolvere il problema degli affidi sine-die che coinvolgono qualche migliaio di minori su tutto il territorio nazionale.
Piuttosto che mettere le mani sulle leggi che regolano l'affido familiare, al solito si preferisce attaccare l'istituto dell'adozione, già messo in ginocchio dalle scellerate scelte politiche del governo, riguardo alla CAI e alle adozioni internazionali, adesso non resta che iniziare smantellare anche il sistema nazionale, facendo confluire il ramo degli affidi in forme di adozioni miti, aperte, soft, eccetera.

In tal modo, l'unica certezza è che non si avrebbe più alcuna certezza. Sulle responsabilità, sui compiti, su chi siano le figure di riferimento. Vero è che i figli possono sempre e comunque contestare o rifiutare i propri genitori, fa parte della dialettica degli adolescenti con gli adulti: il cordone ombelicale va reciso e recidere è sempre qualcosa di netto e doloroso. Si innescano per legge, a tavolino, dei conflitti destinati a non dare una base di appoggio solida ai minori, sempre contesi non più solo, come sempre più spesso accade, tra madre e padre separati che si fanno la guerra, ma addirittura tra famiglie intere, padri contro padri, nonni contro nonni. visto il caso siciliano si potrebbe citare il film Jonny Stecchino: “famigghie contro famigghie”.

Il tutto con l'aggravante di averlo fatto in via definitiva, con una sentenza di un tribunale che sancisce che il minore è adottato, ma in contatto con i genitori naturali. Siamo ormai ridotti, data la bassa natalità, a considerare i bambini come soggetti “spartibili” e “condivisibili” da più famiglie?
Se mi è concesso un suggerimento al tribunale dei minori di Milano e a tutti coloro che lavorano per la tutela dei minori, vorrei dire loro che non è facendo favori agli adulti, che si fa il bene dei minori.

E ora da genitore adottivo posso solo chiudermi nella preghiera e chiedere al Signore di darmi la forza di sapere accettare che anche i miei figli un giorno potranno chiedermi di andarsene ad incontrare la loro famiglia di origine.

Il buon lavoro che ogni genitore adottivo compie non si concretizza nel far dimenticare le origini ai figli accolti, ma nel riuscire a diventare parte di esse.

Pensiero Profondo Written by:

Pensiero Profondo è un calcolatore gigantesco programmato da una razza di esseri superintelligenti e pandimensionali per trovare "la risposta alla domanda fondamentale sulla vita, l'universo e tutto quanto". Dopo sette milioni e mezzo di anni di elaborazioni, Pensiero Profondo fornisce la Risposta alla Domanda fondamentale. La risposta è 42, argomentando come segue: "42", in realtà, è una risposta buona quanto un'altra. Il vero problema è: qual è la Domanda fondamentale? Nessuno, infatti, si è preso la briga di fare al megacomputer la Domanda giusta...

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