Abbiamo solo due guance

L’osservanza del comando di Gesù non può contare su di una generica “buona volontà” o sulla presunta capacità di “abbozzare”, perché l’esempio di Cristo guida a perseguire insieme l’amore e la giustizia.

E’ notte, la luna è piena, siamo in casa di Anna, sommo sacerdote emerito. Il Cristo vi è appena stato tradotto, legato e ferito. Ci sarebbe da domandarsi come mai, il suocero del sommo sacerdote si prende la libertà di sovrintendere ai processi al posto del genero, ma non è questo l’argomento che mi preme affrontare.

In questa notte di tumulti, che si protrarranno fino allo squarcio nel velo del tempio, siamo nel momento in cui ci si porta dalla coena domini alla passio Christi. E’ il momento della trasfigurazione della scena. E’ adesso che tutta la rabbia del maligno, accumulata e repressa durante le inutili tentazioni nel deserto, esplode e stordisce il popolo che fino a poche ore prima osannava colui che adesso vuole ferocemente crocifiggere.

In casa di Anna intanto l’interrogatorio, il primo di tutti quelli a cui verrà sottoposto Gesù, va avanti incalzante. Ad una domanda, la risposta di Gesù è più decisa, appare quasi sprezzante, come se volesse sottolineare la non legittimità di Anna. Questo scatena la violenta reazione di un soldato che la tradizione identifica con Malco .

Malco schiaffeggia Gesù ingiungendogli di portare rispetto al sommo sacerdote. Gesù, forse stupito(?) di vedere che chi lo percuoteva era lo stesso a cui aveva sanato l’orecchio, dopo che Simon Pietro glielo aveva staccato con un colpo di spada, o semplicemente nel tentativo di toccare il suo cuore, risponde interlocutorio: «Se ho parlato male, mostra dov’è il male; ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?».

Fermiamoci qui, a questo scambio di gesti, parole e sguardi. Poniamo l’attenzione a quella che a prima vista potrebbe sembrare una incongruenza: Gesù non pone l’altra guancia, ma risponde. E non solo risponde, ma interpella in modo introspettivo chi gli usa violenza. Vuole che la persona che ha davanti si faccia un esame di coscienza e si domandi se quello che sta facendo è giusto.

E’ ovvio che Gesù non ha omesso di porgere l’altra guancia, veniva dal Getsemani dove era stato legato, era caduto in un torrente ferendosi ed era stato malmenato dalla folla. Ormai non aveva più nessuna guancia da porgere ed è per questo che in quel momento, a chi insiste nella persecuzione, chiede «Perché?».

A me oggi piace credere che in quel momento non ci siano stati Gesù e Malco, ma che per un attimo si siano trovati di fronte il Cristo Salvatore e l’umanità intera, fuori dal tempo e dallo spazio. Mi immagino l’eterna dialettica tra noi che lo uccidiamo e lui che si fa uccidere, ma ci domanda «Perché?» e ci invita alla conversione. Mi immagino questo istante cristallizzato in un attimo infinito.

Prendendo spunto da questo meraviglioso insegnamento, che ci sprona a reagire nelle sofferenze, che ci indica la strada da seguire, quando chi ci si pone come nemico non si accontenta della nostra mitezza, ho intenzione di domandare sempre più spesso «Perché?» a tutti coloro che mi percuotono.

Possiamo considerare ogni azione contro la libertà religiosa, ogni sberleffo televisivo, ogni sostentamento economico ridotto o eliminato, come schiaffi che ci raggiungono ogni giorno e che noi, con evangelica resistenza, ci sorbiamo attingendo alla nostra capacità di incassare, guardando alla Croce ed alle sofferenze che Gesù nostro Signore ha patito per la nostra salvezza. E’ giusto quindi considerare l’ipotesi di guardare in faccia il nostro schiaffeggiatore e domandargli il perché delle sue ritorsioni nei nostri confronti.

Dove è che le famiglie hanno sbagliato per meritarsi tutte le violenze che costantemente subiscono? Ci sono famiglie numerose (di quelle antiche con molti figli, non quelle moderne con molti genitori) che si vedono togliere la fornitura d’acqua perché incapaci di far fronte a bollette inique che non tengono conto del numero dei loro componenti.
Non si posso stabilire dei prezzi più alti per consumi maggiori senza modularli sul numero di componenti della famiglia, anche una scimmia con un pallottoliere lo capirebbe.
E’ solo uno dei fronti aperti nella lotta alla famiglia, si possono fare decine di esempi: dagli assegni familiari ridicoli ai bonus bebè sbandierati a destra e sinistra, che risultano essere elemosina per pochi, fino ai disegni di legge che cercano di imbavagliare chi manifesta per il diritto della famiglia di rimanere tale, cioè il primo mattone della società.

Anche presi singolarmente, gli attori protagonisti della famiglia non se la passano certo meglio: stiamo assistendo ad un massacro del maschio della della nostra specie, definito violento, pericoloso e cattivo, da evitare perché dannoso e inutile. Dai progetti educativi che trovano sempre più spazio nelle scuole dei nostri figli, nei quali si tenta la castrazione psicologica in nome di una teorica lotta alla violenza sulle donne, fino alle modern novel cinematografiche, provenienti da oltreoceano, nelle quali gli uomini non servono e anzi sono dannosi. Maleficent, Frozen, Ribelle – the brave sono solo alcuni titoli di belle storie per bambini e adulti dove però il messaggio di fondo è che il principe può levarsi dai piedi, che non c’è trippa per gatti, insomma non si batte chiodo. Le donne hanno mangiato la foglia, quindi, tremate tremate, le streghe son tornate.

E pure le streghe non è che se la passino meglio, la loro biologia non è cambiata così rapidamente come è cambiata la società. Vengono costrette, in cambio della libertà (ossimoro?), a rinunciare alla loro natura di madri quando l’orologio biologico segnerebbe l’ora esatta, per questo viene proposto loro di essere munte della loro capacità procreativa per posticiparla. Viene loro data possibilità di scegliere se occuparsi dei bambini o se fare carriera, oppure, se sono brave con il trapezio, possono acrobaticamente fare entrambe le cose. Con attenzione però, non è prevista alcuna rete di sicurezza.

Vogliamo parlare dei bambini? Diventati cose. Oggetti da ordinare su internet come le custodie dei cellulari. Da considerare come malattie invalidanti, da togliere come tumori alle ovaie quando “arrivano” nel momento sbagliato. Presunti diritti di presuntuose famiglie. Abbandonati nei parchi quando i cassonetti sono pieni. Prodotti serialmente da donne che affittano l’utero ed hanno il cervello in comproprietà. No, lasciamoli stare, almeno loro, della loro innocenza non devono portare alcuna prova.

Perché ci fanno questo, cosa abbiamo sbagliato, dove? Se continuiamo a tacere e a porgere guance, ci gonfieranno la faccia e non riusciremo più a proferire parola. E’ ora il momento di gridare, è ora che i nostri «Perché?» devono giungere alle coscienze e far riflettere.

Dobbiamo manifestare più de “La Manif”, dobbiamo stare più in piedi e più all’erta delle “Sentinelle”, ma soprattutto dobbiamo iniziare a svegliare le coscienze di chi infierisce su di noi.

Pubblicato su La Croce dell’8 aprile 2015

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