Va tutto molto bene

Monto in ascensore al terzo piano per scendere al -1. Vado a riempire al bottiglietta d’acqua nel seminterrato. Come parte si riferma, al secondo piano, e entra un collega che preme 1. Sta usando l’ascensore per scendere di un piano.

Il primo pensiero, regalandogli un buongiorno con il mio sorriso, è stato. Ma brutto sfaticato, ma non potevi fartela a piedi? Mi devi trasformare l’ascensore in un treno a vapore che ferma in tutte le stazioni per non fare 19 scalini in discesa?! Mentre finisco di offenderlo mentalmente mi guarda e mi domanda: «Come va?»

E’ un collega che non frequento, non ci vediamo praticamente mai, non lavoriamo agli stessi progetti, non abbiamo la stessa età, non ne recupero neanche il nome se non con un enorme sforzo mentale.

Cosa rispondere, nei 7 nanosecondi che l’ascensore impiega a scendere di un piano, ad uno che hai appena infamato in tutte le lingue del mondo, vive e morte?

In un instante, cosa abbastanza sorprendente per un uomo, ho passato in rassegna la mia attuale condizione, fatti belli, fatti brutti, attività personali, attività sociali, gioie casalinghe e preoccupazioni globali e subito mi è uscito di bocca un « … Va tutto molto bene. Grazie!»

Secco, senza la cortese domanda di ritorno, senza tentennamenti. Pulita come una freccia che colpisce il centro del bersaglio, netta, precisa. Diretta.

Il mio collega sorride e vedo nel suo sguardo la serenità di chi ha avuto una bella notizia. Lui non sa niente di me, non conosce i motivi del perché le cose mi vadano bene, non può avere alcuna percezione delle mie attività su questa terra né tantomeno di come le attività su questa terra si comportino con me.

Eppure, cavolo lo percepisco, gioisce.

Le porte dell’ascensore si aprono, c’è un attimo di esitazione, cerca di farmi passare per primo, ma io non devo uscire. Allora lui esce in all’indietro, esita sulla porta coprendo la fotocellula con la mano, come si fa a volte per evitare che le porte ci taglino i fili del discorso, ma lui non dice nulla, mi guarda e sorride.

Poi gli scappa un «Bene, bello, menomale» ci mancava un finalmente, un toscanissimo oh’vvìa e un conclusivo almeno te.

Sembrava avesse trovato una risposta ad una domanda che neanche sapeva di aver fatto. Io lo guardo un po’ imbambolato. Mi sono incuriosito del suo atteggiamento e l’ho osservato con evidente intenzione. Lui deve essersene accorto perché un attimo dopo ha fatto un passo indietro distogliendo lo sguardo.

Un cenno della testa e sparisce nel corridoio, le porte si richiudono e l’ascensore riprende la sua discesa.

Garlaschelli, si chiama. Aldo. E sono felice di avergli dato una gioia gratuita. Non me lo sono inventato, era felice, potete iniziare a mettere in tavola tutti i se e i ma che volete. L’ho visto felice.

Pensate un po’ se lo avessi ammorbato con una questione familiare. Una malattia. Un problema economico. Come se lui non avesse le sue di problematiche personali e private. Come se il mio male dovesse essere compatito dagli altri, chiunque essi siano.

Oppure pensate se gli avessi rammentato i mali del sistema: la politica, la sanità, l’immigrazione, le tasse. E se lui la pensasse diversamente da me? Se non votasse gli stessi che voto io? Se concordasse con certa fiscalità? Ci sarebbe tempo per un dibattito?

Lungi da me usare luoghi comuni o frasi fatte del tipo: non ci sono più le mezze stagionisi stava meglio quando si stava peggio oppure banalizzare sul clima. Credo che le mie orecchie siano configurate per filtrare come rumore di fondo certe affermazioni.

Poi c’è da considerare che forse lui potrebbe non essere stato realmente interessato alla risposta, quanto invece lo era a presentare cortesia nel farmi la domanda.

Solitamente sono solo gli Amici che quando ti domandano «come stai?» si prendono anche la briga di ascoltare davvero la risposta. I conoscenti per lo più lo fanno per educazione, condiscendenza, un minimo sindacale di rispetto, oppure, peggio ancora, per curiosità, per impicciarsi, per avere informazioni fresche di cui nutrire il loro bisogno di spettegolare.

Quale miglior risposta, in questi casi, se non un bel sorriso a trentadue denti che accompagna un bel «Va tutto molto bene!» che rasserena gli ansiosi, soddisfa i cortesi, lascia a bocca asciutta i curiosi e genera buonumore?

Arthur Dent Written by:

Sono un normale essere umano, un giovane che viene trascinato in giro per la galassia da un amico, rivelatosi un alieno in un momento quanto mai provvidenziale: infatti, pochi istanti prima che la Terra venga disintegrata per fare posto ad una superstrada spaziale, riesco a salvarmi facendomi dare un passaggio da un'astronave Vogon. Questo lungo giro per la galassia non mi cambierà nel profondo del mio animo, gentile e innocente, ma mi insegnerà almeno a sapere sempre dov'è il mio asciugamano.

3 Comments

  1. Beatrice
    9 Maggio 2015
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    Si dice che la vita sia come uno specchio: se le sorridi, ti risponderà con un sorriso.
    E allora che sia anche oggi, nonostante tutto, una buona giornata. 🙂

  2. babborrea
    9 Maggio 2015
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    Arthur, siamo sicuri che andavi a prendere l’ acqua ? 🙂

  3. Cristina
    11 Maggio 2015
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    si… ma è stata tralasciata una categoria… di quelli che fingono di interessarsi e poi, mentre dai loro la risposta, si mettono a fare altre cose o a parlare con altra gente…. buona giornata 🙂

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