Solo sciocchi pensieri

Lunedì mattina, dopo un week-end intenso e sfibrante, la sveglia mi ha buttato giù dal letto impietosa, senza alcun rispetto per il mio pessimo umore. Mi sono trascinata in cucina per la colazione, mi sono versata il caffè ed ho aperto, come al solito, il libro delle letture del giorno. Lo faccio sempre: sorseggio e leggo, distrattamente ma costantemente, come se il semplice stare seduta su una panca in chiesa bastasse a santificarmi o sfogliare un libro bastasse a dire di averlo letto.

Scorro veloce, con gli occhi, parole che conosco, che ho già sentito tante volte e che comunque non ho mai davvero imparato a comprendere. A volte perdo il filo, perchè il pensiero va alla deriva sulle preoccupazioni del giorno che comincia, poi mi riprendo, torno sulle parole scritte e cerco di recuperarle. Non dico che le medito, perché non è vero: leggo solo il commento in calce, sempre molto più intelligente di qualunque riflessione che potrei fare io di prima mattina.

Una volta, anni fa, quando cominciai con questa buona abitudine, non facevo così: mi concentravo, mi sforzavo di essere costruttiva, di partorire un proposito edificante per la giornata o roba simile. Cercavo anche di pregare, di dialogare con Dio, di rivolgermi a Lui, di avvertirne la presenza, mettermi in ascolto. Insomma, tutte quelle cose da cristiana. Ma piano piano il dubbio e l’impressione di parlare con me, di incontrarmi in realtà solo con me stessa, come in una specie di concentrazione buddista o di autocoscienza, mi hanno indotta a diventare trasandata nella preghiera del mattino, superficiale e distratta.

Però non ho mai smesso. Certo quel che penso io non mi interessa granché, anche se in tanti stimano la propria opinione come la cosa più importante del mondo. Io so per certo di non possedere la Verità su nessun argomento e meno che mai sul Vangelo. Per cui, nel dubbio di cantarmela e suonarmela tutta da sola, ho più o meno coscientemente deciso di astenermi dal pensare. Io leggo e basta.

Certamente i teologi della meditazione staranno soprassalendo di fronte a queste mie quattro righe scomposte, ma confido nel fatto che non le leggano mai, essendo io davvero poca cosa al loro confronto. E comunque io non voglio insegnare niente a nessuno. Ognuno ha il suo cammino, personale e singolare, come la domanda e la risposta che Dio ha per ciascuno di noi.

Fatto sta che quel libricino sul piano della cucina è rimasto lì negli anni, a farsi aprire ogni mattina, con noncurante perseveranza e infantile incoscienza. La speranza è un piccolo seme piantato nella difficoltà e cresciuto nella pazienza: la speranza di parlare con Dio per davvero, di partorire una riflessione che non sia mia, ma Sua, di capire una briciola di quel grosso mistero che si nasconde nella vita.

Speranza e nostalgia: il cuore diventa apatico quando non sopporta la sofferenza del distacco, la lontananza dall’oggetto del nostro amore. Lo ammetto: Dio mi manca, da quando sono nata, credo. Il primo ricordo compiuto di un pensiero che ho formulato risale ai tempi dell’asilo: le mie amichette parlavano di non so cosa, e io pensavo: “che cose sciocche! Ci deve essere qualcosa di più importante di cui occuparsi!”. E avevo 4 anni.

E così è arrivato un altro lunedì mattina, con tutta la sua fatica. Io leggo con la solita superficialità triste e sorseggio, mentre un raggio di luce mi colpisce, come il sole che filtra dagli scuri chiusi a coppo verso l’alba. E’ una folata di vento, 30 secondi di lucidità, nessuna parola. Una presenza e basta. Non sono io, perché io sono triste e piagnucolosa, mentre questo sentimento è gioia e serenità, è pienezza e festa.

Alzo lo sguardo dal libro e fisso il crocifisso sulla porta: la Verità ha un’ampiezza inaspettata, una vastità indescrivibile, una complessità incomprensibile. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri.

La luce si dissolve e resto io, semplice come al solito, quattro pensieri sciocchi. Lo sapevo anche prima, ma adesso è proprio una certezza: c’è qualcosa di più importante di cui occuparsi.

Trillian Written by:

Trillian è una giovane donna e una brillante astrofisica che Arthur Dent non riesce ad "abbordare" ad un party in un appartamento ad Islington. Arthur era sufficientemente certo che si trattasse di una giovane donna, ma all'epoca era totalmente ignaro delle sue nozioni accademiche. Trillian da l'impressione di essere timida e titubante e le fa piacere che chi le sta intorno lo creda, ma in fondo ha un profondo desiderio di fare qualcosa che salvi la galassia.

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