Non si dice frocio

Si avvicina il secondo family day dell’era del Comitato Difendiamo I Nostri Figli e la tensione è alle stelle. Ovunque si possono trovare persone, servizi televisivi, trasmissioni radiofoniche nelle quali si cerca di sviscerare il problema: unioni civili sì, unioni civili no.

Decine gli approcci diversi, per la maggior parte legali e democratici, quanto meno tolleranti. Altre volte lo scontro si porta su piani ben diversi: scorrettezze, strumentalizzazioni, perfino tentativi di rieducazione forzata e obbligo di abiura.

Se da una parte esiste un fronte compatto, formato da milioni di famiglie e mobilitato per essere in piazza il sabato 30 gennaio, che dopo anni di denunce e campagna informativa capillare, comune per comune, rione per rione, si pronuncia per il secco #StopCirinnà #NoUnioniCivili, dall’altra troviamo le associazioni LGBT che si stanno vedendo sfilare l’osso di bocca e iniziano a digrignare i denti. Più del solito, intendo.

In questo clima sabato 23 gennaio si vedrà distribuita su qualche decina di piazze la pre-risposta omosessualista. La tecnica della frammentazione nelle piazze è nota, serve a dare l’impressione di poter moltiplicare per trenta, quaranta o cinquanta il numero raggiunto nelle piazze più affollate, come se ad Oderzo si potessero riunire tante persone quante a Milano.

Intanto a Prato la manifestazione è stata annullata a causa della feroce contestazione del “comitato delle Nonne Impiccione”. Ronde, armate fino ai denti di tagliolini al sugo e calze della Befana, pattugliano le strade di Prato impedendo la libera, e costituzionalmente garantita, espressione delle proprie idee.

La situazione insomma è grave.

Dalle piazze ai consigli regionali, dai talk show ai campi sportivi, l’attenzione è rivolta alla questione omosessuale. E per questione omosessuale intendo, a livello personale, tutto quello che viene in qualche modo a correlarsi con la promozione delle unioni civili (“come primo passo verso il matrimonio omosessuale” cit. M.Cirinnà, intervista al Corriere della Sera, il 20.01.2016) e la diffusione della teoria gender (“che, vi ricordo, non esiste” cit. Gianfranco Amato, Rufina FI, il 19.01.2016).

E cosa succede quando la cosa dilaga così a macchia d’olio? Succede che qualcuno che si crede più furbo cerca di trarne vantaggio a scapito di qualcun altro, ottenendo di modificarne pensieri e atteggiamenti, stroncarne carriere, distruggerne l’immagine pubblica eccetera eccetera.

Da giorni ormai si parla della diatriba Mancini vs Sarri, scatenata dalle offese che Sarri ha rivolto al collega, durante una partita.

«Frocio! Sei un Finocchio!». Gl’ha urlato.

Siamo ormai abituati a vedere scattare la trappola alla caviglia dell’omofobo di turno, stavolta l’allenatore del Napoli ci è cascato come un bischero. Lo sanno tutti che ci sono parole che non si possono dire più. E’ l’effetto Scalfarotto. Quello per cui siamo tutti uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri.

Io sono perfettamente d’accordo con il sentire comune che vede frocio e finocchio come delle brutte parole, soprattutto se dette violentemente alla persona a cui sono rivolte, ma mentre penso questo mi prende il dubbio di incorrere in un grave errore.

Lo stesso forse in cui è incorso Mancini che, atterrito ha urlato:

«Razzista!»

Per quanto d’effetto possa essere, la parola usata da Mancini è purtroppo sbagliata. Ha esagerato. Prima di tutto, anche nella sua peggiore rappresentazione, in versione “checca effeminata di Genet” ad esempio, un omosessuale non è mai di un’altra razza, in quanto la razza è sempre quella umana. Lo dico perché in molti contesti radiofonici e televisivi non ho notato tutta la chiarezza necessaria.

Inoltre mi viene pure il dubbio che più che gravi offese, certe parole oggi non si debbano considerare altro che dispregiativi. Frocio è un modo dispregiativo di dare dell’omosessuale a qualcuno, come del resto anche Finocchio. Ma se da decenni ci stanno letteralmente bombardando con la riabilitazione dell’omosessualità, con lo stralcio di questo orientamento dal DSM, con la propaganda che vorrebbe fare delle coppie omosessuali il luogo migliore dove crescere i nostri figli, allora dire omosessuale a qualcuno non dovrebbe essere un’offesa, dovrebbe esserlo solo spregiarne il termine.

Mi spiego meglio: se diamo del puttaniere ad un uomo, non lo offendiamo certo nella sua caratteristica di eterosessualità, ma piuttosto si sottolinea il fatto che, per andare a letto con una donna, sia costretto a pagare, sottintendendo una sua incapacità a farlo contando solamente sulle sue doti di conquistatore. Una grave onta, per il maschio rude.

Per questo reputo giusto che, pur redarguito, Sarri non sia stato accusato di omofobia. Sarebbe stata una forzatura talmente ideologica da risultare controproducente. Sì perché se si aggrava la pena inflitta in virtù della presunta omofobia, viene fatto passare il messaggio che le persone omosessuali abbiano bisogno di più tutele degli altri, rappresentandola come una categoria di persone svantaggiata, più debole. Avrei osato dire discriminata, se non fosse che secondo le autorevoli analisi di Pewglobal, l’Italia NON è un paese dove i gay sono discriminati, anzi, sono più socialmente accettati che in Giappone e negli Stati Uniti.

Questo però non è sufficiente, da ogni parte si chiede a Sarri di presentarsi nelle piazze di #svegliatitalia, dove le associazioni LGBT manifesteranno contro chi si oppone alla legge sulle unioni civili (leggasi legittimazione dell’utero in affitto). Le scuse e la squalifica inflitta non bastano, se dici “Frocio” devi abiurare, inginocchiarti e implorare la pietà che il popolo del love is love, magnanimamente, concederà. Forse.

E menomale che si è dichiarato comunista … se avesse detti di essere cattolico?! … ma forse fosse stato cattolico non avrebbe usato quel linguaggio. Cortocircuito?

Filippo Fiani Written by:

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