Che gran conquista! Siamo tutti agnostici

La popolazione dell’Europa fa ormai volentieri a meno della religione: lo dicono alcuni sondaggi condotti nell’ultimo anno in alcuni paesi dell’Europa settentrionale:

  • nei Paesi Bassi vi sono più atei che credenti: il 25% degli intervistati si dichiara ateo, il 17% crede nell’esistenza di un Dio mentre il 60% della popolazione si dichiara agnostica (fonte: NL Times & Ipsos);
  • in Norvegia, atei e credenti sembrano eguagliarsi in numero: 38% di atei e 38% di credenti, con un 24% di agnostici (definiti “incerti” nel sondaggio) (fonte: The Local NO & Ipsos MMI);
  • in Svezia, ben il 78% della popolazione è costituito da atei e agnostici (fonte: WINGallup International).

La religione e le domande ad essa connesse, insomma, sembrano aver perso molto del loro appeal nel nord Europa: a stupire, infatti, non è solo l’alto numero di atei in questi Paesi, ma anche l’alta percentuale di persone che si dichiarano agnostiche e che, certamente con diverse sfumature, non sembrano affatto ossessionate dal trovare una risposta alla domanda: esiste un Dio (o: esistono degli dei)?

Un po’ come dire che, alla domanda “ma tu credi?”, oltre che a rispondere con i classici “si” o “no”, è anche possibile rispondere: “perché, la questione ha una qualche importanza?”.

Ma c’è di più: sempre in Svezia, solo il 2% di quelli che si dichiaravano “cristiani a modo proprio” hanno menzionato Gesù, anche solo come personaggio storico. Quando è stato chiesto loro se credevano “in Dio o in un potere divino” la maggior parte degli intervistati ha risposto che “Qualcosa” del genere potrebbe esistere. Uno ha detto: “Credo in qualcosa di soprannaturale ma non necessariamente in una figura divina”. Coloro che credevano in Dio ritenevano che “avesse un ruolo piuttosto insignificante nella loro vita”. Il rapporto perciò definiva la religione personale come un “mondo di idee nebulose”, e concludeva citando una delle risposte più comuni: “Credo in qualcosa, ma non so bene in cosa”.

L’UAAR (Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti) dichiara che anche in Italia gli atei stanno aumentando, nonostante rimanga un paese retrogrado con ben il 73% di credenti (per la cronaca, si colloca tra Arabia Saudita e Argentina), e rileva che è tra i poveri il grado di religiosità più spiccato (fino al 66%), mentre declina tra chi ha un reddito medio-alto (intorno al 50%).

Questi dati non mi stupiscono, mentre rimango abbastanza perplessa di fronte all’esultanza dell’UAAR con cui afferma che ci sono segnali incoraggianti dell’uscita dal guscio dei non credenti anche in Italia: infatti il coming out di solito si riferisce all’ingresso manifesto in una categoria (classico esempio, dichiaro di essere gay), non all’uscita. Uscire da un luogo spirituale o sociale non è mai un atto particolarmente coraggioso, sicuramente non è rivoluzionario. L’agnosticismo, in particolare, è semplicemente uno scivolamento verso l’indifferenza, non mi pare proprio una conquista culturale, che cambi la vita di netto, per cui si senta la necessità di dichiararsi apertamente.

Anzi, mi sembra proprio una perdita di umanità. La mancanza di progettualità e di assunzioni di responsabilità provoca prima di tutto dolore alla persona, che si trova a vivere un’esistenza priva di significato, e in secondo luogo alla società intera, che diventa l’unione di egoismi e singolarità, invece che una comunità.

Rubo una frase di Silvana de Mari:

“Nei paesi nordici la necessità è stata veramente annientata. Dalla culla alla tomba uno stato mamma ti assiste perché non ti manchi nulla. Stato mamma forse non è corretto. Uno stato Crono: il papà di Giove, quello che si tiene figli vivi nella pancia. Li ha inghiottiti, non li ha masticati, non è feroce. Li ha inghiottiti, perché siano protetti da tutto, dal dolore, dal freddo, dal caldo dal coraggio, dal rischio. Il movimento nasce dalla necessità. Abolita la necessità, non c’è desiderio, non c’è movimento. […] Desiderio contiene la parola sidero, stelle. Il desiderio ci spinge verso le stelle, lo stesso desiderio ci spinge verso la luce o verso il baratro a seconda di come lo usiamo, ma la mancanza di desiderio è terribile.”

L’uomo ha sempre guardato al cielo con stupore, rintracciando dentro di sé un anelito all’infinito insopprimibile. Già Leopardi, col Canto notturno di un pastore errante dell’Asia, diceva che l’uomo, dovunque fosse e chiunque fosse, non poteva sottrarsi dall’alzare lo sguardo:

Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai,
Silenziosa luna?

Ora sembra che l’agnosticismo stia conquistando le civiltà, ma non solo sulla religione, bensì globalizzato su tutti i temi etici: nessuno più si schiera, nemmeno si informa, non si pone il problema dentro di sé, perché le tematiche etiche, anche se riguardano la società nella sua interezza, avendo conseguenze di ampia portata nelle generazioni future, queste tematiche non vengono minimamente avvertite come rilevanti per se stessi e il proprio miope quotidiano. Meglio stare al calduccio dentro la galleria del centro commerciale aperto di domenica a spendere la propria paga, per far girare l’economia, piuttosto che fare la fatica di approfondire una notizia e farsi un’opinione in merito.

Adesso si usa la parola agnostico, che fa tanto filosofo saggio e dà un certo tono, ma Dante parlava di ignavi e li metteva all’inferno senza mezzi termini: gente che durante la propria vita non agisce né nel bene né nel male, senza mai osare avere una idea propria, ma limitandosi ad adeguarsi sempre a quella del più forte, a quella più alla moda.

Mi fermo qui con le analisi sociologiche, perché non le so fare e soprattutto perché io conosco solo il mio, di cuore. E dentro di me riconosco due correnti uguali e contrarie che mi sballottano senza chiedere permesso: da una parte vorrei occuparmi solo del mio micro-mondo famigliare, concentrandomi sui particolari, come faceva la mia nonna quando copriva ogni ripiano della credenza col merletto di pizzo, con precisione e cura maniacali; dall’altra vorrei uscire di casa e incontrare gente, occuparmi di politica, filosofia, scienze, religione, di tutto insomma, per capire cosa succede nel mondo, per avere uno sguardo globale sull’umanità.

Vivo questo dualismo interiore insieme a molte persone attorno a me: si parla dei massimi sistemi attorno ad una tavola apparecchiata, non prima di aver perso un’ora a fare roselline coi tovaglioli di carta per decorarla con perizia. E’ come se tutti avessimo i piedi in terra e le mani al cielo: ci chiniamo volentieri ad allacciarci le scarpe, ma poi ci raddrizziamo di nuovo a guardare in su.

Questo ci succede perché anche nella realtà piccola e meschina che si consuma giorno dopo giorno è visibile l’impronta dell’infinito e dell’eterno, proprio come dentro un atomo, con gli elettroni che girano intorno al nucleo, disponendosi in quanti di energia, si vede riflesso il mistero dell’universo, con le sue galassie, i pianeti e il vuoto intorno.

Così nella dedizione delle piccole cose si riflette l’amore per le persone per le quali ci prodighiamo, un amore insopprimibile, che ci lacera con il suo desiderio di possesso e di appartenenza totalizzante, ma che pure ci rende vivi e vitali, in questa continua lotta tra l’autonomia e la dipendenza.

Noi siamo lotta, siamo desiderio, siamo fame. La vita è questo: spendersi alla ricerca di qualcosa che ci sazi, consumarsi nella battaglia per rimanere in un equilibrio instabile, camminare di continuo su e giù per le strade del mondo alla ricerca della nostra verità. Chi non ha domande, è già morto. Che gran conquista per l’umanità è mai questa, tanto da doverne esultare? L’aquila si sta trasformando in un inseparabile, un pappagallino dalle ali tagliate.

Trillian Written by:

Trillian è una giovane donna e una brillante astrofisica che Arthur Dent non riesce ad "abbordare" ad un party in un appartamento ad Islington. Arthur era sufficientemente certo che si trattasse di una giovane donna, ma all'epoca era totalmente ignaro delle sue nozioni accademiche. Trillian da l'impressione di essere timida e titubante e le fa piacere che chi le sta intorno lo creda, ma in fondo ha un profondo desiderio di fare qualcosa che salvi la galassia.

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